Dolore, ansia e amnesie: un viaggio tra i misteri della Mcs, la sindrome della sensibilità chimica multipla

L’intervista Difficoltà respiratorie, mal di testa e nausea quando ci si espone a profumi, detersivi o altre sostanze chimiche. La “Multiple Chemical Sensitivity Syndrome” è una sindrome complessa e di cui ancora si conosce molto poco

Difficoltà respiratorie, mal di testa e nausea quando ci si espone a profumi, detersivi o altre sostanze chimiche sono sintomi che possono andare a impattare in modo importante nelle persone predisposte alla sindrome da sensibilità chimica multipla. La Mcs (Multiple Chemical Sensitivity Syndrome) è una sindrome complessa e di cui ancora si conosce poco, ma su cui si sta facendo ricerca per aiutare chi ne soffre a una diagnosi più tempestiva. Con Carmela Asteria, endocrinologa, responsabile del Servizio di nutrizione a indirizzo Endocrino-metabolico (NutrEndo_Me), dell’Irccs Ospedale Galeazzi - Sant’Ambrogio di Milano, abbiamo cercato di comprendere meglio questa condizione.

Dottoressa che cos’è la sensibilità chimica multipla?

Il Ministero della Salute definisce questa sindrome come un disturbo cronico di tipo reattivo quando ci si espone a sostanze chimiche a livelli inferiori rispetto a quelli generalmente tollerati da altri individui e in assenza di test funzionali che possano spiegare i segni e i sintomi del disturbo. Da qui deriva un ampio dibattito nella comunità scientifica su quella che è la reale definizione di questa sindrome.

Un dibattito ancora aperto quindi?

Si, oggi nella comunità scientifica c’è ancora chi non accetta che la sindrome da sensibilità chimica multipla rientri in quelli che sono dei veri e propri disturbi di tipo medico. D’altro canto, però, ci sono molti esperti che la definiscono come una vera e propria patologia e si parla oltre che di Mcs anche di intolleranza idiopatica ambientale ad agenti chimici (Iiaac). Questa discordanza sulla definizione del problema si traduce in una confusione normativa da cui consegue che nel nostro Paese, alcune regioni con maggiore autonomia, come ad esempio Toscana, Emilia-Romagna e Abruzzo, sono disposte a riconoscere la malattia come tale e quindi ad assistere il paziente tramite Servizio sanitario nazionale, mentre altre ne rifiutano il riconoscimento, lasciando il malato abbandonato a se stesso.

Cosa sappiamo oggi di questa sindrome?

Rappresenta una malattia molto grave che, per quanto non immunologica ne allergologica nel senso stretto dei termini, coinvolge comunque il sistema immunitario che è connesso sia al sistema endocrino che al sistema nervoso centrale.

L’incidenza?

In Europa l’incidenza oscilla tra il 3% e il 10%, mentre in Italia, non essendoci dati certi, si stima interessi tra il 2,5% e il 5% delle persone con una netta prevalenza nella popolazione femminile (70-80%).

Ma esistono delle cause certe?

Sull’eziopatogenesi della malattia non ci sono ancora pareri concordanti. Non si conoscono ancora in maniera precisa le cause. Si parla di una condizione di ipersensibilità del sistema nervoso centrale, di una disfunzione immunologica, di una ridotta capacità del fegato di detossificare l’organismo, di un incremento dello stress ossidativo e dell’infiammazione, quindi, ci sono diverse ipotesi. Quella più accreditata sembra essere una predisposizione genetica che porta a una ridotta capacità di metabolizzazione delle sostanze xenobiotiche quando ci si espone a questi agenti.

Ma quali sono gli agenti o le sostanze che scatenano i sintomi?

Possono essere agenti chimici, biologici e fisici. Tra questi troviamo detersivi, prodotti per la pulizia in generale, gas di scarico, plastica, formaldeide, alcuni pesticidi, ma a volte semplicemente profumi e odori.

Quali i sintomi più comuni?

I sintomi più comuni di questa sindrome complessa possono essere di diverso tipo e di diversa entità. Può esserci una difficoltà respiratoria, asma, dolore toracico, ma anche orticaria. A volte possono esserci dei disturbi di tipo psicologico o neurologico come annebbiamento mentale con amnesia di breve durata, attacchi di panico, fobie e aggressività immotivata. I sintomi possono essere anche gastrointestinali come nausea, bruciore di stomaco, fino a vomito e diarrea. Spesso vengono riferiti anche dei dolori osteoarticolari. La sensibilità olfattiva può anche portare a vertigini e capogiri.

Quali sono gli effetti sulla quotidianità delle persone che ne soffrono?

È facilmente comprensibile che la quotidianità di queste persone è spesso compromessa. Le persone con Mcs non possono frequentare luoghi dove sono presenti agenti scatenanti e spesso evitano di andare in luoghi che non conoscono per il timore di stare male. Si tratta di situazioni che spesso portano all’isolamento sociale.

Esiste quindi una correlazione anche con aspetti della sfera della psiche?

A livello psicologico è indubbiamente una sindrome impegnativa perché, come detto, l’impatto sulla vita di tutti i giorni è importante. Va detto anche che la comunità scientifica è divisa su cosa viene prima, nel senso che c’è chi pensa che sia la sindrome a portare a un disagio psicologico, ma anche chi pensa che sia una problematica psichiatrica a scatenare la sindrome. Nel 2008 l’istituto superiore di sanità aveva parlato in un documento di pazienti con Mcs come di soggetti con soli problemi psicologici, invece, oggi si parla di un vero e proprio disturbo che porta a disturbi psicologici/psichiatrici.

Cosa fare allora per aiutare queste persone?

In termini preventivi bisogna evitare che le persone con questa sindrome si espongano agli agenti scatenanti, sanificando e bonificando, laddove possibile, gli ambienti che frequentano. Rendere consapevoli parenti e amici può essere utile in questo senso, in quanto la conoscenza della problematica può far si che anche gli altri collaborino a rendere “sicuri” gli ambienti.

Esistono persone più predisposte?

Le ricerche dicono che si tratta spesso di persone che lavorano in ambienti chiusi. Tra i soggetti più a rischio ci sono i lavoratori di industrie, ma anche impiegati di ufficio, persone che sono state sottoposte a incidenti chimici, soggetti che vivono vicino a luoghi con scorie tossiche, ma anche persone a contatto con sostanze chimiche come medicinali e cosmetici.

Come fare a diagnosticare la Mcs?

La diagnosi non è semplice. Sicuramente, l’approccio a questi pazienti deve essere di tipo multidisciplinare. La psiconeuroendrocrinoimmunologia (Pnei) è molto utile in questo senso perché vede la collaborazione di psicologo, neurologo, endocrinologo e immunologo che a loro volta si avvalgono, quando necessario, del supporto di altri specialisti.

Esistono dei criteri diagnostici?

I criteri diagnostici della malattia sono stati stabiliti dal Consenso internazionale del 1999 e si basano sull’utilizzo di un questionario clinico delle esposizioni ambientali denominato quick enviromental exposure and sensitivity inventory (Qeesi). Si tratta di Mcs se siamo di fronte a uno stato cronico, multiorgano, con sintomi che ricorrono in modo riproducibile, in risposta a bassi livelli di esposizione a prodotti chimici multipli e non connessi tra loro, e che migliorano o scompaiono quando gli elementi scatenanti sono rimossi. Esistono anche dei test genetici che mirano a identificare i biomarcatori di malattia, come ad esempio la presenza di specifici polimorfismi, che potrebbero contribuire all’inquadramento clinico.

Esistono delle terapie?

L’utilizzo di mascherine si rivela utile. Ci sono diversi principi attivi che si possono utilizzare ma dobbiamo ricordarci che si tratta di soggetti ipersensibili che potrebbero avere reazioni all’utilizzo di queste terapie. Per cui vanno sempre valutati con cura gli step successivi. La vera cura si conferma la prevenzione andando a eliminare gli agenti scatenanti.

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