Le malattie legate al cibo: in 5 anni aumento del 40%

Noi e la dieta Non solo ragazzi e ragazze ma anche uomini e donne adulti. Fondamentale il lavoro psicologico, sia in ottica preventiva che terapeutica

Non solo ragazze e ragazzi, sono in costante aumento donne e uomini che chiedono aiuto a professionisti dell’alimentazione, psicologi e psichiatri per sintomi di natura alimentare. Le richieste non sono solo per anoressia e bulimia, ma anche per altri comportamenti, già in fase avanzata o al loro esordio, come disturbo da alimentazione incontrollata, ortoressia o bigoressia. Fondamentale un approccio multidisciplinare che consenta agli esperti di intervenire su più fronti.

I dati più recenti relativi alla Survey epidemiologica condotta a livello nazionale nell’ambito del Progetto “Piattaforma per il contrasto alla malnutrizione in tutte le sue forme (triplo burden: malnutrizione per difetto, per eccesso e da micronutrienti)” finanziato dal Ministero della Salute e conclusosi a febbraio 2021, hanno mostrato un aumento dei disturbi del comportamento alimentare diffuso in tutto il territorio nazionale e la difficoltà di accesso alle cure in molte Regioni italiane, con gravi conseguenze sulla prognosi. I dati confermano un aumento della patologia di quasi il 40% rispetto al 2019.

«L’epoca post-covid ha visto l’implicazione di caratteristiche sociali nuove rispetto allo scenario pre-pandemico – spiega Giulia Galimberti, psicologa clinica e psicoterapeuta dello studio medico Igea di Como - soprattutto per gli adolescenti e i più giovani, per i quali non sempre è stato immediato riabituarsi, dopo un lungo distacco, a stare con gli altri, a mostrarsi, a riprendere la condivisione anche fisica dell’esperienza».

Il corpo, come sottolinea Galimberti, è da sempre il teatro dei conflitti adolescenziali, e in questo momento storico lo è ancora di più, inteso come il luogo attraverso il quale il malessere va in scena e si esprime. «Non dimentichiamoci che la corporeità – prosegue - in questi anni è stata spinta alla ribalta dai meccanismi mediatici, soprattutto i canali social, che rappresentano il linguaggio comunicativo e espressivo dell’attuale generazione di giovani: se da un lato hanno cominciato a circolare messaggi liberatori che sostengono la filosofia della body positivity, dall’altra i canoni estetici diffusi di magrezza estrema e perfezionismi a tutti i costi, sono di fatto sempre più stringenti e schiaccianti». La conseguenza è così l’aumento drammatico della fragilità identitaria di molti giovani e il loro estremo impegno a conformarsi a questi canoni. «Sempre più spesso, sempre più giovani e non più soltanto le ragazze ma anche ragazzi e uomini – sottolinea la psicologa - arrivano a consultazione in terapia per sintomi di natura alimentare che oggi sono sempre più sfumati e articolati nella loro manifestazione. Non parliamo più solo delle note diagnosi di anoressia e bulimia, ma oggi come oggi l’attenzione viene posta anche sulla gamma di comportamenti che incorniciano questi casi più gravi e a volte semplicemente li anticipano». Tra questi i comportamenti evitanti o restrittivi nell’assunzione di cibo, il disturbo da alimentazione incontrollata o bige eating o le forme ipersalutiste come l’ortoressia, e cioè la fissazione per il mangiare sano o la bigoressia, il desiderio di possedere un corpo sempre più muscoloso e preoccupazione eccessiva per la propria massa muscolare. «Ecco perché diventa importante ed efficace – precisa Galimberti - il lavoro psicologico, in ottica sia preventiva che terapeutica, nelle situazioni di difficoltà alimentari. Naturalmente non tutti i casi che arrivano in consultazione sono di eguale gravità. Con persone che invece riferiscono situazioni già conclamate il lavoro psicoterapico diventa necessario e ha maggiori possibilità di rivelarsi efficace se condiviso in un’equipe multidisciplinare».

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