Vannacci candidato e le classi per disabili: «Indietro di 50 anni»

La polemica Le dichiarazioni del generale sulla scuola. Mantegazza: «Fondamentale il confronto con il diverso». Benzoni: «Garantire le stesse opportunità a tutti»

«Una proposta che ci farebbe fare un salto indietro di 50 anni». Il mondo degli operator i e delle associazioni che si occupano di disabilità boccia senza appello le parole di Roberto Vannacci - il generale autore del libro “Il mondo al contrario” ora candidato alle Europee dalla Lega - sulle classi separate per disabili. Vannacci ne ha parlato sulla “Stampa”, auspicando una scuola dove «si mettono insieme le persone con prestazioni simili». Al giornalista che gli chiede cosa farebbe con i disabili risponde che si affiderebbe «a degli specialisti. Un disabile, però, non lo metterei certo a correre con uno che fa il record dei cento metri. Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico»

Confronto per crescere

«Vannacci non capisce come il confronto con la diversità sia fondamentale per crescere - dice il pedagogista Raffaele Mantegazza - La mia non è una risposta ideologica ma un ragionamento puramente pedagogico. Le classi differenziali in Italia sono esistite fino al ’73, poi sono state abolite, con vantaggio dei bambini disabili ma anche dei normodotati, che nel confronto con i loro amici sono cresciuti e hanno imparato a rispettare l’altro con le sue diversità».

Per Mantegazza le classi separate sarebbero «un ritorno alla preistoria, una cosa gravissima che rischia di cancellare 50 anni di scuola inclusiva. L’idea, che dovrebbe essere trasversale a destra e sinistra, è che si cresce solo nell’incontro con il diverso - per condizioni fisiche o per provenienza geografica - I gruppi troppo omogenei rallentano il processo di apprendimento, se non in termini di nozioni per quanto riguarda l’addestramento alla vita che deve essere parte integrante del processo educativo».

«L’esperienza delle scuole speciali e delle classi differenziali è terminata negli anni Settanta - dice Rosalba Benzoni, già deputata dell’Ulivo e direttrice didattica in via Giussani, dove vent’anni fa realizzò, unica in provincia, una classe potenziata per inserire una bimba con disabilità grave - Da allora i bambini con disabilità sono stati inseriti nella scuola normale con il supporto di insegnanti di sostegno, e io ritengo che questa sia stata una grande conquista di civiltà. È scandaloso che si voglia far tornare indietro l’Italia di 50 anni quando è stato uno dei primi Paesi a deliberare su questa materia. Sono meravigliata per la rozzezza di dichiarazioni che rischiano di discriminare persone che, al di là dei diritti di tutti, possono essere tranquillamente inserite nella scuola normale. Voglio aggiungere che la distinzione tra persone normali e non normali è molto grossolana e imprecisa, ci sono diversi gradi di difficoltà nell’apprendimento e nella disabilità, bisogna organizzare la scuola in modo che ci siano le stesse opportunità per tutti in base a capacità e potenzialità, che sono molte anche nei bambini con difficoltà».

La Nostra Famiglia cita una ricerca di un paio di anni fa su un campione costituito da 613 preadolescenti di età compresa tra i 10 e i 15 anni del territorio erbese, il 79% dei quali ha, all’interno del gruppo classe, almeno un coetaneo con disabilità cognitiva o fisica: «I risultati - dice Giovanni Barbesino, responsabile della comunicazione - ci dicono che le politiche socio-culturali per l’integrazione e le didattiche per l’inclusione hanno un effetto positivo sulle attitudini di vicinanza dei ragazzi preadolescenti verso i coetanei con disabilità. Crediamo che occorra proseguire su questa strada» .

Differenziare

Sull’importanza di una differenziazione del sostegno, ma anche dell’inserimento, insiste Pia Pullici, fisioterapista da decenni al lavoro con i disabili: «Certamente non si può pensare di inserire i gravissimi in tutte le materie della scuola normale, ma si possono condividere con la classe le lezioni meno impegnative dal punto di vista intellettivo. Bisogna analizzare le singole situazioni e valutare le capacità di ogni ragazzo e aver personale per seguirlo. Il grande problema oggi sono gli insegnanti di sostegno, pochi e poco preparati».

Per Maria Giovanna Bertola, vicepresidente di Anfaas Como, «fanno molta specie le parole del generale Vannacci. Ci battiamo da 50 anni per l’integrazione e l’inclusione delle persone con disabilità nel campo scolastico, lavorativo e sportivo».

«L’obiettivo per cui lavoriamo è l’integrazione, le classi separate non possono trovarci d’accordo perché si tratterebbe di una discriminazione - concorda Ciro Annicchiarico dell’associazione Il Gabbiano - Dall’altro lato credo però che ci sia carenza di personale di sostegno, serve maggiore attenzione per i disabili nella scuola».

«È solo una trappola mediatica. E ce ne saranno mille da qui alle elezioni». Il deputato comasco della Lega Claudio Borghi si rifiuta di commentare le parole di Roberto Vannacci perché, dice, «non c’è niente da commentare. Come al solito nel mondo malato della comunicazione non si controllano le fonti, uno fa un titolo e tutti gli vanno dietro. Nell’intervista a “La Stampa” Vannacci non ha mai detto di essere favorevole alle classi separate per studenti disabili. Ha parlato di come aiutare a esprimersi al massimo i ragazzi con grandi potenzialità».

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