In Svizzera il potere d’acquisto è in calo, chi paga il conto? «I ristoratori, si preferisce il take away»

L’analisi Nonostante agosto abbia invertito il trend, rimane alto l’allarme per un settore sensibile all’andamento dei prezzi. La preoccupazione di Massimo Suter, presidente di GastroTicino e membro del board di Svizzera Turismo

I 514 frontalieri in più occupati tra il primo ed il secondo trimestre dell’anno nel segmento dell’hotellerie e della ristorazione ticinese ben rispecchiano quanto questo segmento - trainante per larghi tratti dell’anno - dell’economia ticinese abbia bisogno della manodopera proveniente soprattutto dalle province di confine. E’ chiaro che se il turismo ticinese viaggia con il vento in poppa, il dato che ne deriva non può che essere positivo in generale per lo stato di salute di un’economia che proprio per le pesanti restrizioni vissute nel biennio della pandemia da bar e ristoranti ha visto ridurre in modo sensibile il proprio volume d’affari e l’attrattività in chiave di personale frontaliero.

Quasi spontaneo chiedere a Massimo Suter - presidente di GastroTicino nonché vicepresidente di GastroSuisse e membro del board di Svizzera Turismo - se le tinte fosche annunciate dal Kof di Zurigo per ampi spaccati dell’economia svizzera si possano declinare anche alla ristorazione ed all’hotellerie del vicino Cantone.

È così, presidente?

Difficile contraddire il Kof (Il Centro di ricerche congiunturali del Politecnico di Zurigo. ndr). Per noi quella in essere è stata un’estate in chiaroscuro. Una contrazione abbastanza evidente dei pernottamenti e dei flussi turistici c’è stata ed i dati dell’Ufficio federale di Statistica l’hanno evidenziato. Le quattro settimane tra la metà di luglio e la metà di agosto hanno in parte invertito questo trend. C’è anche da registrare il fatto che il potere d’acquisto e di spesa in generale è diminuito. Ecco che dunque conviviamo con una spesa pro capite anche in chiave turistica minore rispetto al passato.

E’ possibile quantificare questo calo dei volumi d’affari?

Premesso che la stagione non è conclusa e che la situazione varia da zona a zona e da singola attività all’altra, è legittimo pensare ad un calo compreso tra il 10 ed il 15%. Ci sarà modo chiusa l’ultima parentesi estiva per una valutazione di merito, ricordando anche un fattore esterno di cui francamente avremmo fatto a meno come la chiusura del tunnel ferroviario del Gottardo anche al traffico passeggeri dopo il deragliamento di un treno merci.

Sempre il Kof ha parlato di “picco” raggiunto quanto alla scarsità e, per diretta conseguenza, alla ricerca di manodopera. Dietro l’angolo ci sono gli effetti al momento blandi e sicuramente molto più marcati dal prossimo 1° gennaio legati all’applicazione nel merito del nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri. Qual è l’istantanea che emerge da queste nuove e in larga parte ancora da decifrare dinamiche?

Difficile dirlo ora. Non credo però che verrà meno l’attrattività del Ticino. Peraltro per la maggior parte dei frontalieri resta lo status quo. Sicuramente cambieranno le regole d’ingaggio per i nuovi frontalieri, ma gli effetti di questo accordo si vedranno non nell’immediato, ma col tempo. In questi mesi, sempre senza generalizzare, c’è stata una corsa al contratto di lavoro per evitare poi gli effetti del nuovo accordo. Credo che l’incremento dei frontalieri sia riconducibile anche a questo aspetto.

E di fronte all’incertezza di una congiuntura alle tinte in chiaroscuro, dunque con luci e ombre, la prima contromisura è quella di ridurre il proprio budget mensile. Inevitabilmente la ristorazione è toccata da queste dinamiche. Si percepisce questo calo?

Non lo scopriamo certo oggi che i primi tagli vanno proprio ad interessare la ristorazione così come il settore in generale del lusso. Al ristorante viene magari preferito il take way come l’acquisto del cibo attraverso i canali della grande distribuzione. Questo ultimo mese ha comunque dato segnali incoraggianti. Agosto non è ancora terminato.

Peraltro aleggia ancora l’aspetto dei rincari energetici. C’è preoccupazione?

La preoccupazione c’è per la ristorazione così come per la quasi totalità dei segmenti produttivi. Il discorso riguarda non solo l’economia, ma anche le famiglie. Anche l’Italia ha fatto i conti con i rincari energetici. Semmai il discorso è un altro. Essendo la ristorazione l’ultimo anello della catena, anche quelli prima di noi soffriranno di un eventuale nuovo picco dei costi energetici. Il discorso vale dai mezzi di trasporto alle attrazioni turistiche. E’ un argomento che tocca tutti, incluse le aziende o la grande distribuzione che va poi a servire alberghi e ristoranti.

Cosa può fare la politica per correre in soccorso delle attività strette tra calo dei volumi d’affari e aumento dei costi?

La politica può alleggerire il carico fiscale che grava sulle aziende. Questo sì. Può anche creare condizioni quadro tali da migliorare la qualità della proposta in capo alle aziende. Mi riferisco alla possibile di gestire con più tranquillità sotto ogni punto di vista le aziende. Cioè si dovrebbe guardare un po’ più al quotidiano e meno alla necessità continua di correre in soccorso delle casse federali, il che significa ritoccare al rialzo le tasse ogniqualvolta scatta un allarme per la tenuta dei conti”.

Tornando al tema dei frontalieri, che previsioni hanno ristoranti e hotel sull’effetto “calamita” in essere ormai da anni dalle vicine province di confine?

E’ un po’ quanto si diceva poc’anzi. Non ci sarà un’inversione di tendenza così marcata. Semmai vi sarà un rallentamento di questa avanzata dei permessi “G” in Ticino. Non credo assisteremo ad aumenti così marcati, come quelli visti negli ultimi anni, dei frontalieri attivi in Ticino. Ciò non significa che molti vostri lavoratori accantoneranno la possibilità di poter venire a lavorare sul territorio cantonale.

Il segno “meno” del turismo - il riferimento è ai pernottamenti - registrato nella prima parte dell’anno in corso è da imputare anche alla concorrenza dei laghi lombardi, a cominciare dal lago di Como?

E’ un discorso che abbiamo già affrontato con il vostro quotidiano. Sicuramente la concorrenza del lago di Como e così dei laghi ha il suo peso specifico, anche se il vostro lago non è così a buon mercato e dunque la forbice dei prezzi non è così marcata come si potrebbe pensare. Penso sia più una questione di attrattività di questo o di quel territorio. Leggo però che non in tutti i laghi lombardi si registra il tutto esaurito. Questo per dire che in fondo il “caso Ticino” non è un’anomalia, ma altre realtà stanno facendo i conti con una contrazione dei pernottamenti.

Un’ultima domanda infine. E’ in corso tra Associazioni datoriali e sindacati una “battaglia” piuttosto accesa sotto il profilo degli annunci (e dei comunicati stampa) sull’aumento salariale del 5% chiesto a gran voce dai sindacati. Cosa ne pensa?

In una situazione di recessione è difficile chiedere e sostenere argomentazioni legate ad aumenti salariali. Anche le imprese devono fare i conti con l’aumento dei prezzi. Un aumento del 5% dei salari andrebbe a mettere in difficoltà soprattutto le piccole e medie imprese. Nel nostro settore, abbiamo già definito i salari per il prossimo anno, che porterà anche ad un piccolo aumento di stipendio, che magari non farà la differenza a livello generale, ma che rappresenta un segno tangibile per chi lavora in questo settore.

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