«Le imprese del Canton Ticino sono più forti anche della crisi»

L’intervista Il direttore della Camera di Commercio, Luca Albertoni, commenta i risultati dell’indagine congiunturale: «Il 46% delle aziende ha continuato ad investire nonostante le difficoltà. Un segnale importante per il 2024»

Non c’è rallentamento o difficoltà a livello internazionale che tenga: le imprese ticinesi hanno mantenuto la loro attività a livelli elevati lo scorso anno. Come sono determinate ad andare avanti su questo ritmo l’anno prossimo. Pur con tutta la prudenza del caso, considerando l’incertezza che caratterizza questi tempi: dall’irruzione della pandemia al caro energia, arrivando ai tempi nostri al nuovo conflitto vivo a drammatico, in Medio Oriente.

In questo scorcio finale dell’anno, la Camera di Commercio del Ticino ha voluto confrontarsi con le imprese proprio per capire quali sono le loro aspettative. Con risultati e prospettive importanti, anche su temi chiave del futuro quali la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale. Senza dimenticare il ruolo che può giocare la collaborazione transfrontaliera.

Ne parliamo con il direttore Luca Albertoni, che commenta con noi i principali risultati dell’indagine congiunturale pubblicata dall’ente.

Nonostante le difficoltà e le incertezze della congiuntura mondiale, le imprese ticinesi hanno mantenuto i livelli di elevati di stabilità nel 2023: possiamo fare un quadro come giro d’affari innanzitutto

L’andamento degli affari può essere definito in generale buono, soprattutto se teniamo conto del contesto generale. Con un grado generale di oltre il 75% di aziende che dichiarano un andamento tra soddisfacente e buono, direi che l’anno è stato positivo.

Che cosa è avvenuto invece a livello di occupazione e salari? E che cosa si prevede accadrà per il 2024, tra le imprese?

L’occupazione si è mantenuta stabile con diversi aumenti di effettivo e per il 2024 questa stabilità è confermata. Il 70% delle aziende ha concesso aumenti salariali e sicuramente è un dato confortare per i dipendenti, ma testimonia anche del buono stato di salute attuale delle imprese. Aumenti che vanno a sommarsi a quelli concessi lo scorso anno e a quelli previsti per il 2024. Una media di aumenti dell’1,9% è un dato in linea con quelli degli altri cantoni.

In generale, le previsioni per il 2024 confermano sostanziale stabilità con il 76% delle imprese che aspettano un andamento da sufficiente a buono nel primo semestre del 2024 e più cauto per il secondo semestre. Quali sono le ragioni di questo prudente ottimismo?

Il contesto generale molto incerto influisce sicuramente. Soprattutto perché si tratta di fattori su cui non vi è la possibilità di intervenire, come i vari conflitti in atto, la fragilità delle catene di approvvigionamento, i prezzi dell’energia, ecc. Senza dimenticare il franco forte che, se da una parte attutisce l’impatto dell’inflazione, dall’altro lato rincara i prodotti svizzeri creando non pochi grattacapi al settore dell’esportazione. Tanto più che la forza della nostra moneta non è al momento solo rispetto all’euro, ma anche al dollaro (e possiamo metterci pure la sterlina).

Quanto hanno continuato a investire le imprese ticinesi e come si prevede proseguano nel 2024? Soprattutto in quali settori?

Ben il 46% delle imprese ha investito e si tratta di un valore molto alto rispetto alla media nazionale. Se poi vediamo solo il dato delle aziende più grandi (con oltre 100 dipendenti), si supera l’80%. Segnale di dinamismo e fiducia verso il territorio. Gli investimenti sono effettuati sia nel settore secondario che nel terziario, ma si prevede un calo per il settore secondario nel corso del 2024, certamente influenzato dalla summenzionata instabilità che regna a livello generale.

Quali sono le armi vincenti delle aziende in Ticino in un periodo che comunque è così caratterizzato dall’incertezza?

R Qualità e quantità del lavoro, razionalizzazione dei processi, diversificazione della clientela e, in generale, diversificazione del tessuto economico. L’affidabilità e la qualità dei prodotti permettono di ovviare in parte al fatto che sul mercato a volte siamo più cari di concorrenti esteri.

Nella vostra indagine si fa strada il tema cruciale dello sviluppo digitale sempre più incalzante: quanto si possono giudicare sul pezzo le aziende?

Anche su questo tema siamo nella media nazionale. Vi è una parte degli investimenti dedicata alla trasformazione digitale, che si può dire sia in atto già da tempo, sebbene sia tutt’altro che conclusa. Questo anche per la continua evoluzione del mondo digitale stesso e perché comunque si tratta a volte di processi costosi che non possono assorbire tutte le risorse delle aziende.

Argomento non meno importante è quello dell’intelligenza artificiale di cui pur siamo ancora in una fase iniziale rispetto all’impatto. Quanto sarà importante la voglia di investire in questo campo, ma anche la formazione?

Siamo agli albori di questo strumento e il fatto importante è che l’intelligenza artificiale per ora non è vista come possibile sostituta del capitale umano. Come gli altri strumenti digitali è al servizio del miglioramento dei processi e della competitività delle aziende. Come detto però, siamo agli inizi e non vi è ancora un utilizzo sistematico, tanto che molte aziende indicano come si stiano dotando adesso di una strategia per capire come utilizzare l’IA. E’ interessante rilevare che, in generale nel mondo digitale, ma in particolare per l’IA, le imprese segnalano tra i maggiori ostacoli la mancanza di tempo per occuparsene compiutamente, così come la mancanza di conoscenze approfondite in seno all’effettivo di personale e pure possibilità formative insufficienti. Questi sono fattori su cui occorre lavorare.

Dalla formazione a un ritorno sul discorso del lavoro: quanto ha inciso la carenza di figure professionali mirate nelle attività delle aziende e che cosa si potrà fare in futuro, anche in termini di collaborazione transfrontaliera, visto che è un tema che viaggia oltre le frontiere?

La carenza di manodopera inizia a farsi sentire ed è una realtà. Tocca personale qualificato e meno qualificato. È un fenomeno del mondo occidentale, non solo della nostra regione. Collaborazioni transfrontaliere sono a mio avviso possibili e auspicate ma vanno regolate a livello settoriale. Magari sarebbe possibile trovare degli accordi a livello formativo, perché le figure professionali che mancano sono più o meno le stesse da entrambi i lati della frontiera.

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