Maccio, primi disagi al Santuario
Un cordone regola l'accesso

“Abbiamo preso questa decisione perché c'era troppa gente che saliva all'altare anche in modo poco composto – spiega don Luigi Savoldelli – ciò non significa che non si possa più venerare l'altare, ogni ora, in chiesa, c'è una preghiera, al termine della quale i fedeli possono salire".

VILLA GUARDIA - Qualcosa è già cambiato nel santuario di Maccio. L'altare che ha pianto acqua da venerdì mattina è protetto da un nastro rosso porpora sorretto da sei candelabri – senza candela – che fissano gli angoli di un esagono oltre al quale non si può andare. “Abbiamo preso questa decisione perché c'era troppa gente che saliva all'altare anche in modo poco composto – spiega don Luigi Savoldelli, rettore del santuario diocesano della Santissima Trinità Misericordia – ciò non significa che non si possa più venerare l'altare, ogni ora, in chiesa, c'è una preghiera guidata, al termine della quale i fedeli possono salire.”
Il flusso di pellegrini degli ultimi giorni – massiccio – ha arrecato qualche disagio a coloro che quotidianamente si recano nella chiesa di Maccio a pregare. “Il via vai della gente mi fa perdere il raccoglimento”, dice una signora e una pia donna che spesso prega sempre nello stesso banco in quella chiesa osserva: “Don Luigi doveva preparare i suoi parrocchiani a questo evento, invece all'improvviso ci siamo trovati ad avere una chiesa diversa dal solito, mai vista tanta gente. Tutto questo mi sta facendo diventare scettica.”
Ma i cambiamenti nel modo di pregare a Maccio, quello che la fenomenologia dell'atto religioso osserva, registra e studia, ci sono e hanno un impatto forte. Se confrontato con quanto è accaduto in altri santuari, le espressioni di preghiera nate a Maccio e il loro accoglimento da parte dei fedeli hanno qualcosa di incredibile, forse nemmeno a Lourdes si iniziò a pregare con tanta assiduità e - soprattutto - recitando una preghiera composta tra le mura di quella stessa chiesa da uno dei fedeli. Le preghiere del santuario di Maccio sono parole riferite dal maestro Gioacchino Genovese mentre quell'“occhio dell'intelligenza” gli rivelava contenuti ancora segreti.

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