Cronaca
Lunedì 05 Gennaio 2009
Caccia al cinghiale
In piedi alle sei
Sveglai presto e scarpinata nei boschi insieme a 26 uomini del comprensorio Prealpi per vedere da vicino quale passione anima i cacciatori. Uccisi due capi
Verso le sei e trenta l’auto - ancora gelida - accompagna gli uomini lungo il tragitto, fino al punto di ritrovo. Un saluto ai compagni di battuta; poi in ventisei ci si incammina per alcune centinaia di metri, fino alla “Croce dell’uomo” in località Piazza Santo Stefano, tra Maslianico e Cernobbio. Qui con cura si prepara la mappatura della zona, e si organizza la battuta.
«Ci dividiamo: ognuno ha i suoi compiti durante la caccia a questi ungulati, e anche dopo – spiega il caposquadra della battuta di ieri a pochissimi chilometri da Como, Carlo “Uccio” Cantaluppi -. Ci sono i battitori che si dispongono in fondo alla zona prescelta, muovendo rami e rovi e cercando in questo modo di stanare i cinghiali. Loro sono armati con una pistola calibro dodici; quelli con la carabina a colpo singolo, invece, risalgono l’area disposti come una sorta di rastrello, cercando in questo modo di passare al setaccio tutta la zona».
Imprigionati in questa doppia morsa, i cinghiali presenti nell’area non dovrebbero dunque avere scampo: «Nelle primissime ore della giornata ne abbiamo individuati un paio; domani mattina (oggi per chi legge) ci muoveremo per il recupero, con un cane da sangue per portare l’animale morto nella nostra cella frigorifera di Pellio Intelvi, dove ha sede il gruppo».
I cacciatori del comprensorio alpino Prealpi comasche si muovono sia in braccata che con la carabina, senza però l’uso dei cani: «Usiamo carabina e calibro dodici; i cani no, perché potrebbero disturbare altri animali. L’unico cane usato in questi casi è - come detto - quello da sangue, per procedere al recupero del cinghiale morto».
Sport, hobby, divertimento, passione. I cacciatori però rimarcano anche l’utilità di queste battute: «Noi teniamo sotto controllo la presenza dei cinghiali sul territorio; normalmente infatti ci muoviamo in zone in cui gli ungulati hanno compiuto danni anche seri, e comunque sempre su indicazione dell’amministrazione provinciale».
Una volta abbattuto il cinghiale, normalmente la sua carcassa viene macellata in parti il più possibili uguali tra loro, e distribuito a tutti i partecipanti alla battuta: «Fino a fine gennaio abbiamo ancora in programma un appuntamento settimanale; chi è abilitato si può aggregare a noi».
Se sopra Como erano in ventisei, ieri mattina, a inseguire branchi di cinghiali, nei pressi di Barni erano invece solo due i cacciatori impegnati con la carabina a braccare questi grossi mammiferi. Uno è Maurizio Merzario di Civenna; anche qui un ungulato è alla fine caduto sotto i colpi del fucile: «L’abbiamo preso in mattinata, e poi abbiamo proseguito la caccia fino a sera; eravamo in due – spiega Merzario -. Utilizzavamo la carabina a colpo singolo».
La caccia al cinghiale, insomma, è protagonista - in questi primi giorni di gennaio - tra i monti del Triangolo Lariano, al di là del gelo che stringe i monti nella sua morsa, e delle tante polemiche che hanno avvelenato l’aria in questi ultimi mesi.
Giovanni Cristiani
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