Achille Lauro: «Le mie canzoni
fatte per restare per sempre»

A Como sabato prossimo per il nuovo album 1969. E sulle polemiche di Rolls Royce dice: «Bastava chiedermelo, è solo l’auto»

Vuole fare le canzoni che durano in eterno. E nel suo ultimo album, 1969, sicuramente ne ha piazzata una, C’est la vie, manifesto di tutti gli innamorati sofferenti (“E sto cadendo nel burrone di proposito Mi sto gettando dentro al fuoco. Finiranno anche le fiamme ma il dolore no”). Ma anche Roma e 1969 («A ma, prendi sta spesa, non fare l’offesa, resto stasera poi lasciami sta») non sono fatte per passare di moda in due mesi. Achille Lauro, a Como da Frigerio Dischi sabato alle 15, dice che da Saremo in avanti non vuol più parlare a quelli dai 25 anni in giù. Ma a quelli che dai 25 anni in su, che amano la musica in generale. E infatti lui, che è nato nel 1990 e di anni ne ha 28, non fa più rap o trap, guarda più a Vasco, a Rino Caetano («Non sembro un po’ lui in 1969), e così ha conquistato la critica.
A riprova dell’interesse che suscita il suo lavoro, in conferenza stampa c’erano 180 persone che hanno applaudito all’anteprima audio del nuovo album, accompagnato da video con immagini anni ’60 e ’70. Altissimo, magrissimo e educatissimo, Achille Lauro ha ringraziato a ogni domanda. Era molto elegante e scenografico in un tailleur crema, con cappello a falda larga calato sugli occhi, camicia aperta sul petto luccicante come gli stivaletti. Ricordava un po’ Celentano da giovane. Gli hanno chiesto se le polemiche per Rolls Royce (prima traccia del disco) lo hanno aiutato o meno. «E’ stato molto doloroso. Bastava chiedermi. Avrei detto che non c’era nessun riferimento alla droga, era solo la marca delle automobili. Quando ho voluto parlare di droga l’ho fatto in maniera esplicita. La droga è un problema serio, tra i giovani, se vogliamo parlarne facciamolo, ma seriamente. Noi veniamo dalla periferia, siamo preparati, abbiamo visto le storie, che sono molto tristi, ma mi domando cosa capiscano i ragazzi che vedono la droga come un diversivo. Per questo non si dovrebbe scherzare quando si parla di questi argomenti». Achille Lauro ha anche difeso Sfera ebbasta per ben due volte. «Fare musica è un lavoro, il mio è un lavoro da operaio. E un ragazzo come Sfera, ci mette tantissimo impegno. Non si può prendere un suo testo e farlo a pezzi perchè parla di canne. Altrimenti dovremmo cancellare il 90 per cento della musica di tutta la storia. Certo noi artisti abbiamo le nostre responsabilità, ma non credo che la gente si drogasse o bevesse perchè sentiva i Doors o i Rolling Stone. In ogni caso non siamo educatori, facciamo intrattenimento. Ma i nostri testi non sono neanche così pericolosi come hanno voluto far credere». Lui stesso nel nuovo album alterna canzoni più romantiche a testi più leggeri. La musica è diversa dagli altri suoi album perchè lui e Boss Doms e gli altri suoi produttori amano sperimentare. «Ci chiudiamo in una casa apposta per non essere influenzati dalle mode musicali del momento. Questo è l’album della maturità. Sto crescendo e sento la responsabilità. Se cado io, cade la mia famiglia e tutte le persone che lavorano con me. Più che cadere sta salendo primo perchè il direttore di Sony ha detto che puntano molto sul disco e che li ha molto colpiti. E poi perchè i critici musicali che di solito prendono le distanze da tutti con la frase “piace a mio figlio” stavolta gli hanno detto “bravo, piace a me”. E forse Achille Lauro lo sapeva già quando ha scelto il tema dell’album che ha spiegato così: «Nel 1969 sono successe un sacco di cose importanti». Chi c’era può ricordarsele e chi non c’era andare a scoprirsele.

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