Civenna, sacrestani da generazioni
I due secoli dei Gilardoni

La vicenda di una famiglia di Civenna che da quasi due secoli ricopre sempre l'incarico di sacrestani. Un "mestiere" di fede che passa di padre in figlio con devozione e spirito di sacrificio

Hanno da due secoli le chiavi della chiesa: senza un Gilardoni a Civenna non si celebra nessuna funzione religiosa. Se i parroci cambiano, i papi passano, i Gilardoni restano.
Il primo della famiglia a occuparsi, da sacrestano, della chiesa di Civenna fu nel 1818 Giovanni Bolgè; allora Papa era Pio VII e veniva varata a Napoli la prima nave a vapore italiana. Sono passati quindici pontefici, e i Gilardoni – Bolgè sono ancora al loro posto, ad aprire e chiudere la porta della parrocchiale, a preparare i libricini con le preghiere da recitare, a supportare il parroco.
«Mio padre Angelo per approntare la chiesa s’inerpicava quasi sulla volta, a sei sette metri da terra senza protezioni – spiega Beniamino Gilardoni, l’attuale sacrestano -. Per il Natale o la Pasqua si lavorava un giorno intero; ora l’impegno è molto più limitato».
Dopo Giovanni Bolgè della chiesa del paese si sono occupati Pietro, Giovanni, Giacomo, Francesco, Emilio e Ambrogio, sempre Bolgè; poi il testimone è passato ai Gilardoni, per matrimonio con una Bolgè. Il sacrestano per antonomasia resta comunque Angelo Gilardoni: la sua figura resta indelebile nella memoria del paese. Il suo bastone appoggiato davanti alla parrocchiale negli ultimi anni di vita era divenuto un simbolo.
«Mio padre ha iniziato a occuparsi da solo della chiesa nel 1940, a diciotto anni. Durante la seconda guerra mondiale svolgeva attivamente il ruolo di partigiano e, contrariamente ai suoi compagni, non viveva nei boschi o nelle cascine, ma per rimanere fedele al suo impegno si accampava in sacrestia. Quando sentiva o vedeva dei movimenti sospetti correva sul campanile dove restava fino a quando si calmavano le acque».

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