Como: batteri in ospedale
«Il rimedio migliore?
Lavarsi tutti le mani»

Il neonato morto a Brescia è soltanto l’ultimo dei 37mila casi che si registrano ogni anno in Europa. All’Asst un “comitato infezioni” con 15 operatori

Sono 16 tra medici e personale, gli indagati per omicidio colposo nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Brescia sulla morte del neonato stroncato dal batterio «serratia marcescens». È soltanto l’ultimo episodio di cronaca legato al proliferare di batteri negli ospedali, non soltanto italiani. I casi registrati ogni anno in Europa sono 37 mila. Batteri sempre più resistenti alle misure di contrasto, a cominciare dagli antibiotici.

«L’azione più efficace per la prevenzione delle infezioni ospedaliere resta il lavaggio delle mani», da parte di tutti, dai medici ai familiari dei pazienti. Patrizia Figini, sessant’anni, una laurea in medicina e una specializzazione in igiene e medicina preventiva, è da tre anni la responsabile del Comitato infezioni ospedaliere dell’azienda socio-sanitaria territoriale lariana. Dall’ente dipendono gli ospedali Sant’Anna e Sant’Antonio Abate, il presidio polispecialistico Felice Villa e il Poliambulatorio di via Napoleona. Figini lavora al Cio dal 2005 quando ancora la struttura era guidata dal direttore sanitario. «Fatta salva una circolare ministeriale che risale al 1985 - spiega Figini - in Italia non esiste ancora un obbligo normativo che imponga l’istituzione del Cio. Oggi comunque quasi tutti gli ospedali ne sono dotati». Individuare le procedure per la prevenzione delle infezioni, tenerle aggiornate e, attraverso il gruppo operativo, attuare la sorveglianza e verificare che non ci siano epidemie, sono i compiti di questa struttura che all’Asst Lariana è organizzata con circa 15 persone tra medici, infermieri e tecnici di laboratorio.

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