Coronavirus, via ai test sugli anticorpi
Nel Comasco si comincia mercoledì

L’annuncio: primi esami ieri nelle province più colpite - Serviranno a “mappare” la reale diffusione del virus anche in vista della ripresa delle attività produttive

I test sierologici, utili a tracciare una mappa dell’epidemia in corso, arriveranno in provincia di Como mercoledì.

Ieri la caccia agli anticorpi in grado di sconfiggere il Covid-19 è iniziata nelle province più colpite, cioè quelle di Bergamo, Brescia, Cremona e Lodi. Dal 29 aprile la Regione conferma che gli esami verranno estesi anche ali altri capoluoghi.

I test sono quelli messi a punto dell’Irccs San Matteo di Pavia e che consistono in un prelievo ematico. La peculiarità della ricerca non si fermerà però al generico tracciamento degli anticorpi, un fatto che di per sé dimostra soltanto che il soggetto ha incontrato la malattia. L’obiettivo è quello di evidenziare quegli anticorpi in grado di neutralizzare il virus, così da dimostrare che il paziente è diventato immune al Covid. Gli stessi medici del San Matteo spiegano però che alla scienza non è ancora chiaro quanto l’immunità protragga nel tempo, cioè quanto gli anticorpi persistano nel nostro organismo.

Il test quindi non potrà rappresentare un patentino d’immunità, anche se nel breve termine può fornire un’indicazione per un più sereno rientro al lavoro.

A riguardo gli annunci della politica hanno creato un po’ di confusione e non poca aspettativa. La reale finalità dei test è un’indagine epidemiologica. Un campione statisticamente rilevante nei vari territori lombardi ci dirà quanti cittadini e dove sono ancora alla mercé del virus e quanti invece hanno imparato a difendersi dalla malattia.

Questo suggerirà alle autorità i prossimi passi da fare in vista dell’autunno. I test vengono somministrati su base volontaria. Tocca prima, spiega la Regione, alle seguenti categorie: «I cittadini ancora in quarantena fiduciaria, i soggetti sintomatici, con quadri influenzali, senza sintomi da almeno 14/21 giorni segnalati dai medici alle Ats. I contatti di casi asintomatici o con sintomi lievi, identificati dalle Ats a seguito dell’indagine epidemiologica già prevista, ma senza l’effettuazione del tampone nasofaringeo, anch’essi ancora in quarantena fiduciaria». Ieri l’assessorato al welfare della Regione ha confermato che la speranza è quella di arrivare a 10mila test effettuati al giorno. Il campione statistico dunque potrà essere molto significativo.

Nonostante le richieste di chiarimenti, Ats Insubria non ha fatto sapere dove verranno effettuati i prelievi, anche se, per esempio, da un paio di settimane la stessa Ats sta effettuando i tamponi al San Martino in via Castelnuovo.

Intanto, nel Comune capoluogo e nell’Olgiatese tramite Ats, la cooperativa Medici Insubria ha già fatto partire una piccola mappatura attraverso dei test ematici rapidi, quelli con la puntura al dito. È un tracciamento diverso, meno approfondito. Con un campione ristretto a 300 soggetti tra sicuri positivi, sospetti positivi, parenti che hanno condiviso la quarantena e persone sane. È presto per dare definitivi risultati epidemiologici, ma le analisi per ora mettono in luce due fatti. Tutti i pazienti che hanno avuto una polmonite interstiziale fotografata da una tac hanno sviluppato gli anticorpi per combattere il covid. Ha invece costruito queste difese la metà dei familiari che ha vissuto con pazienti in quarantena.

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