Didattica a distanza, sbagliato l’obbligo
Il giudice dà ragione (tardi) ai genitori

Secondo il Tar nessuno studio giustificava la decisione di fare lezione da casa - Il decreto non risultava supportato da «specifiche indicazioni del Comitato tecnico scientifico»

I tempi sono un po’ quelli della giustizia di casa nostra – che spesso arriva quando gli eventi l’hanno superata – ma la sentenza numero 10166 depositata martedì dal Tar del Lazio rappresenta pur sempre una piccola soddisfazione per i tanti genitori che hanno sempre ritenuto la “dad”, ovvero la didattica a distanza, una scelta deleteria, abnorme e in alcune circostanze addirittura ingiustificata.

La sentenza è il frutto dell’impugnazione di uno dei fantomatici “dpcm” dei giorni più bui della pandemia, quello con cui il governo, il 14 gennaio del 2021, stabiliva i criteri sulla base dei quali le lezioni - dagli asili alle secondarie di secondo grado passando per elementari e medie – si sarebbero dovute svolgere in 8aparziale) presenza o da dietro a un computer a seconda delle zone, “rosse”, “gialle” o “bianche”.

Ora: pur sentenziando che il ricorso è improcedibile, visto che nel frattempo il Dpcm è scaduto, il Tar è comunque entrato nel merito, e lo ha fatto su esplicita richiesta dei ricorrenti – un pool di avvocati di tutta Italia tra i quali anche il comasco Ruggero Tumbiolo – che chiedevano di poter ottenere comunque una pronuncia utile nel caso in cui si fosse deciso di procedere in altra sede per richiedere i cosiddetti “danni”. Quindi, citando alla lettera, il tribunale «non può che ribadire quanto già anticipato nell’ordinanza cautelare del 26 febbraio 2021 circa il fatto che il Dpcm impugnato, nella parte di interesse, non risulta supportato da specifiche indicazioni del Cts, né, peraltro, da studi orientati a verificare il ruolo dell’attività scolastica nella diffusione del contagio all’interno e all’esterno dei plessi, essendo carente un’analisi di tipo epidemiologico in tal senso e un’indagine tesa a verificare la possibilità di porre in essere misure contingenti straordinarie finalizzate a garantire a tutti gli studenti la frequenza in presenza dell’intero monte ore settimanale».

Si tratta in sostanza dell’accoglimento delle tesi a suo tempo sostenute dai genitori che si battevano per il ritorno in presenza dei loro figli e che si erano opposti al decreto «nella parte - si legge in un comunicato diffuso dal pool di avvocati - in cui esso prevedeva la riduzione della didattica in presenza su tutto il territorio nazionale, ovvero il suo azzeramento nelle regioni che si collocavano nella cosiddetta fascia rossa, sulla base del riconosciuto difetto di istruttoria e di altri motivi attinenti ai diritti fondamentali degli studenti». Il collegio difensivo nazionale, oltre che dall’avvocato Tumbiolo, era costituito dagli avvocati Angela Francesca Canta, Laura Dal Pra, Eva Maschietto, Stefano Nespor, Elisabetta Nicolini,Daniele Valeri e Maria Virgilio.

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