Il contagio rallenta in tutta la Regione
Ma nel Comasco altri undici morti

Diminuisce il numero dei tamponi positivi a livello regionale. L’assessore: «Si intravede la luce»

Como

C’è del cauto ottimismo a Milano, anche se il numero dei morti, da queste parti, non smette di crescere: 11 quelli registrati nelle ultime 48 ore nel Comasco, in un contesto in cui diventa sempre più difficile mantenere le statistiche aggiornate rielaborando i dati delle Ats e quelli degli ospedali, come La Provincia ha tentato di fare dall’inizio dell’emergenza. Cinque di questi ultimi lutti hanno colpito rispettivamente le comunità di Albavilla, San Siro, Gravedona, San Fermo e Villa Guardia: si trattava di pazienti in là con gli anni o affetti da patologie pregresse, detto solo per dovere di cronaca, nella consapevolezza che vecchiaia e malattie non rendono diverso o più sopportabile il dolore di figli, amici.

In tutto, in provincia, si contano 581 tamponi positivi, 69 in più del giorno precedente, che a sua volta ne aveva fatti segnare 60 in più su quello ancora prima.

In Lombardia, intanto - per dirla con l’assessore al Welfare Giulio Gallera - si vede la «luce in fondo al tunnel», al termine della «prima giornata positiva di questo mese duro» (quella di ieri) con i nuovi contagi più che dimezzati rispetto a due giorni fa e il numero di ricoverati, «il dato più bello», che finalmente è diminuito, 173 pazienti in meno. Non è il momento «di cantar vittoria» ha aggiunto l’assessore, anche se si vede qualche segnale positivo grazie alle misure rigide scattate dopo il fine settimana dell’8 e 9 marzo.

Sempre ieri il governatore Attilio Fontana ha chiesto al Viminale «il suo parere se si debba applicare l’ordinanza della Regione», che prevede paletti più rigidi, o l’ultimo decreto del Governo, mentre l’esecutivo stesso valuta di inasprire le sanzioni con ammende, amministrative e non penali, fino a 2mila euro. Ciò che conta, però, adesso è quel «trend in calo» e la notizia, non solo simbolica, che Mattia, il paziente 1 di Codogno, è stato dimesso «e ha detto a tutti - ha ricordato Fontana, ringraziandolo - che dobbiamo stare a casa per evitare che non ci siano più letti in terapia intensiva».

Il numero dei posti occupati da pazienti gravi, infatti, ha spiegato Gallera, resta «enorme», 1350, e anche i morti sono tanti, 320 in un giorno e 3.766 in totale, ma con una netta riduzione rispetto ai 546 di due giorni fa. E pure tutti gli altri numeri si abbassano: i nuovi contagi scendono a 1.555 e anche a Bergamo, la città e la provincia più martoriate dall’emergenza, diminuiscono rispetto a ieri (+255), così come nelle altre province, compresa la città di Milano (+137, quasi dimezzati in due giorni). Soltanto a Brescia, che resta trincea difficile, i nuovi casi non scendono e, anzi, riprendono a salire (+588).

Sempre Gallera ha poi spiegato che, già dopo il 20 febbraio ci fu una settimana «rigida» nelle misure e le cifre scesero e poi un allentamento», con bar e locali aperti, dopo una «forte pressione del Governo e delle associazioni imprenditoriali» e arrivò una «nuova ondata di contagi».

In ogni caso il Pirellone sembra bene intenzionate a rafforzare la stretta, rendendola più dura rispetto a quella di Palazzo Chigi, e che comprende lo stop agli studi professionali, agli alberghi, ai cantieri e un’ammenda da 5mila euro per gli «assembramenti», sono arrivati i pareri di “giuristi che abbiamo consultato».

La battaglia è ancora all’inizio, ma forse s’è trovata l’arma per combatterla.

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