Il Ticino non paga?
Como rischia 3,6 milioni

Sono i fondi dei frontalieri per i Comuni, Bellinzona ipotizza di bloccarli

Soltanto alla nostra provincia spettano 25 milioni di euro

Dal Ticino risuona un campanello d’allarme che rischia di alzare (e non di poco) il livello dello scontro politico lungo la linea di confine.

Il Consiglio di Stato potrebbe ben presto trovarsi sul tavolo un dossier relativo al blocco dei ristorni dei frontalieri, una cifra variabile tra i 55 e i 60 milioni di euro (25 milioni la quota per il territorio comasco) che rappresentano linfa vitale per i Comuni italiani di confine: per esempio il Comune di Como ha ricevuto lo scorso settembre la bella cifra di 3 milioni e 648mila euro. Risorse decisive per chiudere in ordine il bilancio, soldi trattenuti direttamente dalle buste paga dei lavoratori frontalieri.

L’indiscrezione è stata amplificata venerdì in serata dal sito ticinonews. In pratica, si riproporrebbe lo scenario dell’estate 2011, quando il Consiglio di Stato - in cui già sedeva il ministro ticinese Norman Gobbi - decise di bloccare il 50% delle risorse dirette al di qua del confine dopo il passaggio obbligato Berna-Roma. E, secondo ticinonews, le motivazioni sarebbero le medesime, ispirate - manco a dirlo - dalla Lega dei Ticinesi. Il ragionamento secondo il partito fondato dall’istrionico Giuliano Bignasca (scomparso nel 2013) è il seguente: «I ristorni vanno vincolati ad investimenti che le regioni italiane di confine dovranno realizzare o completare».

«Mi sembra un’ipotesi e nulla più. Qualora dovesse venire attivata, la riterrei un’azione ticinese non tanto rivolta verso l’Italia, ma verso la politica federale», fa notare Sergio Aureli, responsabile frontalieri del sindacato svizzero Unia. Qui una considerazione è doverosa: i nuovi accordi bilaterali tra Italia e Svizzera, che dovrebbero entrare in vigore nel 2018 (con un anno di bonus, secondo quanto indicato dal capo-negoziatore per il Governo italiano, Vieri Ceriani), stanno facendo i conti con gli effetti più teorici che pratici - al momento - del referendum del 9 febbraio 2014, quello contro l’immigrazione di massa votato a maggioranza dagli svizzeri. Referendum che si sta rilevando una spina nel fianco per i bilaterali, tanto che di recente è dovuta intervenire anche il ministro Simonetta Sommaruga, annunciando che «il Governo svizzero dal 9 febbraio 2017 ha pronto un piano per limitare l’immigrazione dai Paesi Ue».

Una dichiarazione che evidentemente in Ticino non ha convinto i sostenitori del quesito referendario. Da qui forse la decisione di alzare il livello dello scontro, proponendo di nuovo il blocco dei ristorni come “provvedimento forte” su cui trattare con Berna.

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