La maxi truffa del casinò fantasma
Condanna definitiva per madre e figlio

L’avvocato dell’imputato, nonché suo padre, aveva pure denunciato il pm. Tutto archiviato

Ha provato di tutto il suo avvocato (che è anche suo padre) pur di far saltare le gravissime accuse mosse dalla Procura. Ha pure denunciato il pubblico ministero titolare dell’inchiesta e poi ha fatto ricorso alla Cassazione lamentando un conflitto d'interessi, in quanto il pubblico ministero era stato denunciato alla Procura di Brescia (dal padre avvocato, per l’appunto). Ma i giudici romani hanno liquidato tutto quanto in poche parole: inammissibile, generico e infondato.

È diventata definitiva la condanna per il terzetto accusato di aver messo in piedi un progetto di un casinò on-line clamorosamente naufragato e che, per la giustizia, altro non è stato che una clamorosa maxi truffa ai danni di decine di risparmiatori. Talmente onerosa da spingere la Cassazione a confermare la confisca per equivalente, a carico degli imputati, di una cifra superiore ai 210mila euro, da restituire alle parti civili.

La pena più pesante è quella inflitta al comasco Lorenzo Macchi, 32 anni, condannato a 6 anni di carcere oltre a svariate migliaia di euro tra ammende e spese legali da risarcire; cinque anni e mezzo alla madre di Macchi, Felicia Russo, 71 anni; pena più lieve per Gianluigi Duò, 33 anni, canturino, amico di Macchi, condannato a 2 anni e 10 mesi (unico ad aver ottenuto uno sconto in appello).

L’inchiesta

La vicenda, sfociata nella condanna definitiva (e quindi nella dichiarazione di colpevolezza) per i tre imputati, risale al periodo a cavallo tra il 2011 e il 2012 quando, anche attraverso a pubblicità su quotidiani e riviste a tiratura nazionale, Macchi aveva iniziato a cercare finanziatori per il suo progetto di casinò on line. Finanziatori ai quali erano state fornite ampie rassicurazioni sul capitale garantito e sulla possibilità di ottenere, in tempi rapidi, guadagni particolarmente ingenti.

L’inchiesta era partita in seguito a una segnalazione della Consob, l’organismo di controllo della Borsa e delle società, prima, e dalle denunce di alcuni finanziatori preoccupati per il destino dei loro risparmi poi. Denaro, quello affidato a Macchi e soci, che le sprovvedute vittime del casinò on line fantasma non hanno mai più rivisto. Il pubblico ministero titolare del fascicolo, Alessandra Bellù, aveva anche ricordato nella sua requisitoria: «Per alcuni di loro parliamo dei risparmi di una vita, affidati a persone di cui si erano fidati e perduti».

La guerra alla Procura

Tra i motivi che hanno spinto i difensori degli imputati a chiedere l’annullamento delle condanne in Cassazione, vi è anche la denuncia presentata a suo tempo dall’avvocato Alessandro Macchi (padre e difensore di Lorenzo) a carico del pubblico ministero, accusata di aver fatto un’inchiesta a senso unico contro il figlio (denuncia che la Procura di Brescia ha liquidato rapidamente chiedendo e ottenendo un’archiviazione confermata in toto anche dalla Cassazione stessa). A detta dei Macchi la pm avrebbe dovuto astenersi, ma i giudici della Cassazione ha respinto il ricorso su tutta le linea bollandolo come «manifestamente infondato», del tutto generico e i cui «presupposti neppure sono stati dimostrati».

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