Lago insanguinato a Cernobbio
Nel dossier di Isola le atrocità del Pizzo

La lunga ricerca storica dell’ex sindaco diventa memoriale

L’accusa: «Vincitori e vinti d’accordo per dimenticare»

Nuovo capitolo sulle storie avvenute al Pizzo di Cernobbio, tra Villa d’Este e la storica villa appartenuta nell’800 al vicerè del Lombardo Veneto.

Ad aprire il libro delle memorie è il sindaco emerito di Cernobbio Giulio Isola che ha retto il Comune per più di 10 anni e che ha realizzato un’attenta ricerca storica (che potrebbe diventare libro) rivolta a fare luce su un silenzio lungo 50 anni.

Le foibe di Cernobbio sono localizzate proprio al Pizzo. Qui una volta la strada, ora provinciale 71 Vecchia Regina, era molto più stretta: non c’era il marciapiede e al posto della balaustra in ferro c’era un muretto in pietra alto mezzo metro.

Da questo punto, durante gli anni del fascismo, vennero buttati nel lago partigiani e aderenti a organizzazioni contrarie al regime. E con la stessa tecnica dei polsi legati con il filo di ferro, nei giorni della Liberazione finirono nel lago i fascisti chiusi nel carcere di San Donnino, ex camicie nere, persone legate a vario titolo a Mussolini.

Il luogo, prima e dopo il 25 Aprile, non era stato scelto a caso: il lago in quel punto è profondissimo e ci sono vortici che portano corpi e materiali su fondali inesplorabili.

A ripristinare la memoria su quanto è accaduto interviene Giulio Isola, di estrazione comunista, con una ricerca storica dal titolo «Cernobbio la memoria e la rimembranza».

«Gli scomparsi del Pizzo, per lo più ignoti, furono per anni scordati da una flebile pietas di un popolo dalla memoria estremamente labile - continua Isola - Il desiderio di narcotizzare gli eventi ha lasciato il posto alle meravigliose visioni di un lago dorato».

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