Morti in corsia, le accuse agli altri medici
«Sapevano ciò che faceva Cazzaniga»

nell’inchiesta “Angeli e demoni”Ieri i pm si sono concentrati sui colleghi dell’ex viceprimario: «Dicono di non essere competenti ma avevano tutti gli strumenti per capire che era eutanasia»

È proseguita ieri la requisitoria fiume della Procura di Busto Arsizio riguardo l’inchiesta “Angeli e Demoni”. Sul banco degli imputati ci sono oltre al viceprimario Leonardo Cazzaniga, che sta rispondendo di omicidio volontario, anche i medici che componevano la commissione, accusati invece di favoreggiamento e omissione di denuncia: Roberto Cosentina che costituì la commissione nella quale erano presenti Paolo Valentini, Nicola Scoppetta, Maria Luisa Pennuto.

Di omessa denuncia, invece, sta rispondendo l’oncologo Giuseppe Di Lucca. Il focus della Procura ieri si è concentrato proprio sui dirigenti medici della commissione che avrebbe dovuto valutare il comportamento medico-etico di Cazzaniga.

Per la Procura sono tutti colpevoli: «La loro difesa – ha detto il pm Maria Cristina Ria - è stata che anche ammettendo che si trattasse di omicidi nessuno aveva la competenza di capire che si trattava di omicidi o di eutanasia». La Ria ha messo in evidenza le responsabilità dei medici:«Sono tutti medici, soggetti scelti per la loro competenza clinica e medico legale. È poco credibile che questi dirigenti siano incorsi in questi errori. Vengono scelti medici per la loro competenza».

«A prescindere dalla loro specializzazione - aggiunge - , avevano tutti gli strumenti per valutare la non liceità dei comportamenti di Cazzaniga. Si parla di farmaci che nelle linee generali rientrano nel normale patrimonio conoscitivo di ogni medico. I medici hanno compreso perfettamente che avevano davanti delle eutanasie. La funzione della commissione non era quella di accertare la liceità dei comportamenti Cazzaniga ma di limitare le segnalazioni degli infermieri nel perimetro dell’ospedale ed evitare uno scandalo che sarebbe poi esploso con l’arresto di Cazzaniga. Per il favoreggiamento il reato si è tradotto nella volontà di dissuadere gli infermieri a sporgere denuncia».

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