Muggiò, scandalo piscina
La sveglia al sindaco in una grande calza

Ragazzini e istruttori della Como Nuoto si sono trovati in Comune per chiedere di intervenire: «Ora basta, l’impianto va riaperto subito. Troppi disagi»

Da 189 giorni la piscina di Muggiò ha serrato i battenti e ancora non ci sono novità sul fronte della possibile riapertura. Per i nuotatori rimasti senza un posto per gli allenamenti è tempo di mobilitarsi. Nella tarda mattinata di ieri, di fronte al portone di Palazzo Cernezzi sul lato di via Vittorio Emanuele un folto gruppo di piccoli atleti della Como Nuoto, accompagnati dalle loro famiglie, si sono ritrovati per mostrare il loro dissenso di fronte all’immobilismo del Comune.

Proprio sul portone, i bambini hanno appeso una grande calza della Befana riempita con le loro richieste e desideri. Accanto, hanno affisso una lettera simbolicamente indirizzata alla Befana intitolata con l’hashtag “#riapremuggiò”. «Siamo stanchi di girare come delle trottole intorno alle piscine della provincia - ha lamentato Mario Pavan, dirigente del settore nuoto sincronizzato della Como Nuoto e genitore di cinque bambini tutti iscritti -. In questo momento siamo costretti a rimbalzare tra le strutture di Villa Guardia, Cermenate, Cantù, Chiasso e Varedo. Si tratta di un disagio non da poco. In società abbiamo dei ragazzi che necessitano per allenarsi di una vasca da cinquanta metri, purtroppo la più vicina a noi è a Varedo. Quindi i genitori devono sopportare spostamenti importanti, i figli per proseguire l’attività sportiva agonistica stanno rinunciando a del tempo prezioso per lo studio».

La piscina di Muggiò, l’unica in città a disporre di una vasca olimpionica, è chiusa da oltre sei mesi. La concessione stipulata tra il Comune di Como e la Fin (Federazione italiana nuoto) è scaduta il 30 giugno 2019 e non è mai stata rinnovata a causa di problemi legati alla manutenzione dell’impianto. «Lasciare una struttura così utile alla nostra città in stato di abbandono è deleterio per tutta la cittadinanza - ha detto Paola Beneggi, madre di due bambini iscritti in Como Nuoto a corsi di nuoto e pallanuoto -, inoltre il non uso prolungato delle attrezzature le danneggia in maniera permanente, poi non c’è più manutenzione che tenga». Per ora, la società sta coprendo i costi aggiuntivi da sostenere per permettere agli atleti di allenarsi all’interno di impianti sempre diversi. «È un impegno importante - sottolinea Marilù Sostan - ma nessuno sembra riconoscerlo. Non è concepibile che in una città come Como non si riesca a garantire a una società ormai ultra centenaria (è stata fondata nel 1919) strutture e servizi essenziali».

«Ho un figlio di quindici anni che si allena undici volte a settimana - ha spiegato Patrizia Tagliabue, un’altra delle mamme presenti ieri -. Per accompagnarlo a nuotare giro dalle tre alle cinque piscine. La passione per la Como Nuoto ci fa fare questi sforzi ma la nostra pazienza è ormai arrivata al limite. Speriamo che l’amministrazione la smetta con il silenzio e si prenda un impegno nei nostri confronti. I ragazzi hanno il diritto di fare sport nella loro città». Vive la stessa situazione Andrea Macagnano, padre di Simone: «Ho dovuto richiedere per mio figlio un permesso speciale di uscita da scuola mezz’ora prima tutti i giorni. Al momento si allena a Lora e noi abitiamo a Cernobbio: con il traffico impegniamo davvero tanto tempo in macchina». Intanto, è in programma per mercoledì 8 gennaio alle 19.15 una nuova manifestazione indetta questa volta dalla Pallanuoto Como. Il ritrovo è fissato davanti all’ingresso della struttura inagibile.

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