Nel forno la testa dell’ucciso
Basta carcere, lavori sociali

Omicidio Brambilla: Emanuele La Rosa aiutò il genero a disfarsi del cadavere. Fino all’estate 2016 dovrà trascorrere i pomeriggi in un ricovero per anziani

Niente carcere per Emanuele La Rosa. Non tornerà in cella l’uomo ripreso dalle telecamere dell’armeria di Alberto Arrighi a tenere il corpo di Giacomo Brambilla mentre il genero era impegnato a decapitarlo; l’autore del biglietto con la scritta “sta cuocendo, non aprire” piazzato all’esterno del forno della pizzeria La Conca d’oro di Senna, dov’era stata messa la testa della vittima; l’uomo che, dopo aver aiutato l’ex armaiolo di Como a gettare in un dirupo il corpo del povero Brambilla, non aveva rinunciato alla giornata di sci in compagnia di un amico.

Il tribunale della libertà ha accolto l’istanza dei difensori del suocero di Alberto Arrighi, condannato a tre anni e cinque mesi di carcere per distruzione, vilipendio e occultamento di cadavere, ma rimasto in cella non oltre sei mesi.

L’ex titolare della pizzeria di Senna, il papà di Daniela La Rosa, ex moglie dell’armaiolo di Como che sta scontando trent’anni di cella per l’omicidio volontario del suo aspirante socio, ha ottenuto l’affidamento ai servizi sociali.

Di fatto sconterà i 2 anni e 11 mesi di pena che doveva ancora espiare svolgendo lavori di pubblica utilità. La Rosa, fino all’estate del 2016, dovrà prestare servizio come volontario, tutti i pomeriggi, all’interno di un istituto che ospita e cura anziani e persone sofferenti. Un istituto religioso comasco che ha acconsentito ad accogliere il condannato.

Massimo riserbo - richiesto dagli stessi responsabili dell’istituto religioso - sul luogo esatto dove il pensionato di Senna Comasco sta svolgendo i lavori di pubblica utilità.

Leggi l’articolo completo su La Provincia di martedì 5 novembre

© RIPRODUZIONE RISERVATA