Niente fusione, piange solo Cavallasca
San Fermo si tiene stretta l’autonomia

La bocciatura del ministero non preoccupa gli abitanti del Comune più grande. Ma resta comunque l’amarezza per le valutazioni di Roma rispetto alle esigenze del territorio

La notizia, freschissima, della risposta da Roma circa l’impossibilità di derogare dal patto di stabilità per il Comune che risulterebbe dalla fusione per incorporazione tra San Fermo e Cavallasca, viene appresa dai residenti dei due paesi con molto scetticismo.

Colpisce soprattutto il discrimine tra i paesi che si fondono con iter “canonico” e quelli che vorrebbero fondersi per incorporazione. Non è facile capire perché in un caso la deroga al patto di stabilità c’è e nell’altro no.

Ma c’è anche chi non si straccia le vesti. Ad esempio sia a San fermo sia a Cavallasca sia comunque comodo mantenere i rpopri servizi senza dividerli . Soprattutto nel Comune più grande e “ricco”.

L’autonomia dei due paesi ad alcuni residenti piace perché per tanti è sinonimo di comodità nei servizi: «Sono felice per questa notizia e sono d’accordo con il ministero – dice Luca Marinucci, chimico di 39 anni, da due trasferitosi a Cavallasca da Bergamo - se Cavallasca riesce a mantenere la sua autonomia sono assicurati i servizi in modo comodo e snello per i cittadini, senza complicazioni».

Però i vantaggi economici che avrebbe portato la fusione (una maggiore entrata di circa il 20 dei trasferimenti dello Stato e fuori dalla scure del patto di stabilità) avrebbero migliorato la vita di tutti i cittadini: «Ci sarebbero stati ì dei guadagni anche se si sarebbe perso qualcosa nella praticità di tutti i giorni. Questa sembra proprio una complicazione burocratica - dice Francesca Greco, impiegata di 35 anni di Cavallasca –: comunque avere il Comune vicino, senza far perdere tempo ai cittadini resta per me una cosa fondamentale».

Altre reazioni sul giornale in edicola domenica 20 settembre.

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