Rapina a Turate, c’era la talpa
Avevano le chiavi del furgone

Tracciato anche il profilo genetico di due componenti del commando

Nessuna traccia dei lingotti d’oro rubati, ma l’inchiesta porta verso il Sud Italia

Prime novità nell’inchiesta sulla memorabile rapina messa a segno in autostrada a Turate lo scorso 8 aprile, quando un commando di una dozzina di banditi diede l’assalto a un furgone portavalori, fuggendo con 240 chilogrammi d’oro dopo avere messo l’A9 a ferro e fuoco.

Dopo cinque mesi di indagini, la squadra mobile della polizia di Como è riuscita a ottenere il profilo genetico di due soggetti, a partire da alcune tracce di sudore repertate sul sedile di una delle auto utilizzate per fuggire (che furono ritrovate, dopo il colpo, nascoste al piano terra dei vecchi magazzini di Turate) e sottoponendo ad analisi alcuni mozziconi di sigaretta raccolti ai bordi dell’autostrada.

Come si ricorderà, all’altezza dell’uscita di Lomazzo, dove il portavalori fu bloccato per il gran finale dopo un lungo inseguimento fin da Origgio, due membri del commando aspettavano fermi accanto a un furgoncino verde, con indosso entrambi una pettorina della polizia. In quel punto, la scientifica raccolse diverse “cicche” di sigaretta, così come fece anche dalle parti dei magazzini.

Le une e le altre sono servite a “mappare” profili di Dna che saranno ora confrontati con le banche dati a disposizione delle forze di polizia.

Una novità importante - che modifica non di poco lo scenario dell’azione - riguarda anche la dinamica della rapina. Gli investigatori avrebbero definitivamente appurato che i banditi disponevano delle chiavi del portavalori, circostanza che, semmai ve ne fosse stato bisogno, avvalora il convincimento che la banda abbia agito con i favori di un basista. Gran parte delle fasi della rapina, scandite con precisione chirurgica da attori che conoscevano a perfezione la parte, furono in altre parole una messinscena. Il taglio delle cerniere che sorreggevano i portelloni blindati - eseguito con un gigantesco flessibile poi abbandonato prima della fuga - servì soltanto a confondere le idee di chi, subito dopo, si mise ad indagare. Il possesso delle chiavi spiega peraltro la ragione per cui i due sportelli posteriori furono trovati chiusi, nonostante le cerniere di sostegno fossero state segate. Com’era possibile che qualcuno fosse riuscito a riaccostare due ante blindate e pesantissime dopo averne distrutto i cardini? Semplicemente perché i cardini furono distrutti a portelloni richiusi.

Le indagini, comunque, si orientano con sempre maggior decisione verso il sud Italia. Dell’oro si sono perse del tutto le tracce ma non è detto che ulteriori novità siano davvero dietro l’angolo.

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