Ritrova il compagno del collegio
dopo sessant'anni

Incontro tra gli ultimi due barabitt Arnaldo Poncia e Enrico Fontana

San Fermo A volte si ritrovano: è accaduto ieri mattina, in un bosco di castagni vicino al monte sasso, l’ultimo “barabitt” Arnaldo Poncia stava tagliando della legna quando è stato avvicinato dal signor Fontana Enrico, di Ronago. Solo un attimo di sorpresa, poi la messa a fuoco e l’abbraccio, con le parole che si srotolavano incredule sul filo della memoria.
«Ho letto l’articolo sulla Provincia e ho subito riconosciuto nella foto il compagno della mia adolescenza, un’emozione davvero forte che mi ha riportato dritto agli anni 40, alla nostra adolescenza di “barabitt” racconta emozionato Enrico «Dovevo rivederlo, parlargli, vedere se i miei ricordi si combinano ai suoi, quel periodo nell’Istituto è indimenticabile nel bene e nel male».
Sono passati ben sessant’anni dal loro ultimo incontro, anni che li hanno visti alle prese con scelte e dinamiche opposte, mentre Arnaldo lavorava in Svizzera e passava «di fiore in fiore», Enrico si sposava, diventava padre e conquistava il piacere della normalità.
E partono i racconti spaziando dalla tragedia alla farsa, come quando Enrico, scappato dal collegio attraverso i boschi di San Fermo, fu costretto a nascondersi in un tombino alla vista di un ciclista e di quel tombino rammenta persino l’odore. «Ai ragazzi che scappavano - riprende L’Arnaldo - una volta ripresi e dopo una buona dose di scudisciate, era praticato il taglio di capelli verticale, solo al centro della testa, così si riconoscevano da lontano. Ma non serviva a molto perché l’ansia di libertà era più forte che qualsiasi frusta e si andava a letto pensando solo a come scappare da quel posto».
Nessuna domanda è possibile di fronte al loro viaggio a ritroso nel tempo, parlano della suora che riusciva a farli sentire buoni anche solo con un sorriso, della madre superiora capace di fare saltare i denti con una sberla e rammentano il Carletto che balbettava e bagnava il letto e allora gli mettevano il lenzuolo in testa fino a quando non era asciutto.
«Ti ricordi quando abbiamo trovato tutti i moschetti lasciati dai fascisti dentro la grotta e ci siamo messi a giocare alla guerra?», ridono camminando a fianco a fianco, la loro vite si sono snodate su binari diversi lasciando tracce indelebili sui volti, quello di Enrico ha l’espressione di chi ha trasformato un incubo nel sogno, Arnaldo ha tatuato quell’incubo sulla faccia, ma li accomuna una grande forza di carattere che li ha portati a recuperare l’infanzia rubata. «Signorina - dice Arnaldo - guardi che io sono nato a Stazzona e non a Porlezza…». Prossimo appuntamento sabato a pranzo, davanti a un piatto di polenta uncia con il barbera scaraffato, i “barabitt” continueranno il loro viaggio negli anni 40».
Maria Luisa Righi

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