Se n’è andato Corrado
uno dei papà del basket
Salvò e rilanciò Cantù

Gravemente malato, il commercialista ha scritto pagine importanti

Rilevò la squadra da Polti. Domani alle 14.30 l’addio a San Teodoro

Un colpo al cuore. Un colpo al cuore della città e dello sport. È morto Francesco Corrado, uno dei padri della Pallacanestro Cantù. Di sicuro il salvatore, nel lontano 1999, quando il titolo sportivo stava per prendere la strada di Pesaro.

Era nato il 9 novembre 1933. A stroncarlo una malattia che l’aveva minato negli ultimi anni e che nell’ultimo periodo lo aveva tolto dalla scena. Una scena che lui, cortinese di nascita e piemontese di origine, aveva sempre tenuto con eleganza.

Da commercialista sempre in prima linea (come non ricordare gli incarichi al Ministero dell’Industria e del Tesoro o il ruolo di liquidatore della Breda?), da patron della prestigiosa società biancoblù o da presidente della Legabasket.

Un uomo vero

Aveva tanti pregi, soprattutto il maledetto vizio di dire sempre le cose come stavano. E un amore sconfinato per la moglie Anna Derelli, che ha avuto sempre al fianco, in un rapporto intenso e tenerissimo, e per Mombaruzzo, il suo buen retiro in Piemonte, là dove adorava intrattenere gli ospiti a colpi di amaretti e buon vino. La compagna di una vita morì nell’aprile del 2012 e per il presidente fu una ferita mai rimarginata. Un colpo al cuore, stavolta il suo, e a un fisico che cominciò a non reagire alla malattia, malgrado l’affetto dei suoi cari sempre a circondarlo.

Lascia il figlio Alessandro e due splendidi nipoti, Barbara e Luca. Con Ale, oltre all’avviato studio di Corso Unità d’Italia, condivise fino in fondo la passione per la pallacanestro e proprio a lui lasciò la massima carica nel 2007, quando passò a guidare la Legabasket, altro grande riconoscimento di un mondo che ha saputo apprezzare il suo operato.

Maturità classica, diploma magistrale e di ragioneria appesi a un muro dell’ufficio, il calciatore mancato Francesco Corrado - tra coloro che ebbero l’idea di costruire il palasport Pianella a Cantù (di cui ora era persino proprietario) - salvò il destino della Pallacanestro Cantù in extremis, in una notte d’estate del 1999, evitando che i Polti portassero tutto lontano da Cantù. «Mi costò 2 miliardi e 700 milioni di lire - amava dire - la cedetti gratis».

Prima di consegnarla alla famiglia Cremascoli, che ancora oggi ne detiene la maggioranza, fece vivere anni di esaltazione alla tifoseria biancoblù. Avendo l’intuito di promuovere ad allenatore capo un poco più che ragazzo Stefano Sacripanti e quello di dare carta bianca a un guru del nome di Bruno Arrigoni, capace di fare ogni anno le nozze con i fichi secchi, ma anche di allestire roster di altissimo livello.

La tragedia di Ravaglia

Tenne la squadra sempre in A, nonostante i movimenti tellurici della stagione 2000-01, vinse una Supercoppa italiana nel 2003 e riportò Cantù in Europa, partecipando alla Coppa Uleb del 2004-05 e poi all’Eurocup. Fu anche, e soprattutto, il presidente dei “Fab Four”, ovvero McCullough, Thornton, Hines e Stonerook, che spopolarono conquistando tutti. Visse in prima persona il dolore della tragica morte di Chicco Ravaglia, per lui un secondo figlio e che lui aveva recuperato dopo un brutto infortunio.

Memorabile, il 14 gennaio del 2001, la sua discesa in campo - e nel vero senso della parola - dopo uno sputo del senese Boris Gorenc che scatenò le ire sue e del Pianella, oltre a far nascere la rivalità con gli acerrimi rivali biancoverdi.

Saranno in tanti a piangerlo: amici, clienti, giocatori e dirigenti. Dopo Aldo Allievi, scomparso nel 2011, se ne va un’altra storica figura del basket canturino. Uno dei padri del fenomeno pallacanestro nella città più pasionaria del mondo

Il suo funerale sarà celebrato domani alle 14.30 nella chiesa di San Teodoro.n

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