Seno rovinato dall’operazione
Ma l’ospedale non paga

Sant’Anna chiamato a saldare 40mila euro dopo un intervento (privato) di chirurgia estetica. Il caso nel 2008, sentenza civile a luglio, i soldi non arrivano. La replica: «Verseremo a breve»

Per un intervento di chirurgia estetica al seno riuscito male, l’ospedale Sant’Anna è stato condannato dal tribunale civile di Como a «pagare immediatamente», a titolo di risarcimento, una somma di circa 40mila euro. L’intervento, eseguito su una paziente comasca che all’epoca, nel giugno del 2008, aveva 42 anni, fu svolto in regime di solvenza, cioè - come si dice - “privatamente”.

La signora versò la somma di 7600 euro per essere sottoposta a «mastopessi e mastoplastica addittiva bilaterale al seno», in altre parole - fuori dal linguaggio medico - a un intervento di formazione ricostruttiva per sollevare le mammelle. Tre giorni dopo l’operazione - stante a quanto ricostruito dal tribunale - fu dimessa con una «atrofia mammaria bilaterale». Significa che, per citare l’ordinanza con cui il giudice ha intimato all’ospedale il pagamento (in solido con il medico che eseguì l’operazione), l’intervento non era tecnicamente riuscito: seno e capezzoli non erano più simmetrici.

Scontro di perizie

La paziente rimase ricoverata qualche giorno, dopodiché le fu proposto un secondo intervento che ponesse rimedio agli effetti del primo.

Consisteva nella sostituzione delle protesi mammarie, cosiddette “rotonde”, con altre protesi, cosiddette “anatomiche”, in grado di correggere l’asimmetria delle tasche in cui erano stati posizionati i primi due impianti. Ai soldi pagati per il primo intervento, la signora - sempre in regime di “solvenza”, ché d’altra parte il sistema sanitario, come noto, non paga interventi di tipo puramente estetico - avrebbe dovuto aggiungerne altri 10mila circa. L’indagine che seguì fu la classica indagine che si svolge nei casi di colpa medica, vera o presunta. I giudici, in genere, si rimettono alle conclusioni di periti e consulenti tecnici di parte, medici chiamati a valutare l’operato dei colleghi, spesso scontrandosi su posizioni distanti e difficili, per chi giudica, da focalizzare.

Problemi con le assicurazioni

Nel caso del “seno sbagliato” del Sant’Anna, il giudice Marco Mancini ha evidentemente ritenuto preponderanti le ragioni “colpevoliste”, risolvendosi, con l’ordinanza provvisoria firmata il 12 luglio scorso, a disporre l’immediato pagamento della somma. Assistita dall’avvocato Antonio Costantino, la signora, per il momento, non si è vista ancora corrispondere nulla. Con il Sant’Anna i rapporti sarebbero piuttosto tesi (nonostante le rassicurazioni di Salvatore Gioia, direttore amministrativo, che ieri ha spiegato che i soldi arriveranno a breve), al punto che dopo diversi solleciti, sarebbe anche pronta un’istanza di pignoramento dei conti correnti aziendali.

Di mezzo ci sono le compagnie assicurative che, statistiche alla mano, tendono - soprattutto nei casi di colpa medica - a rinviare i pagamenti dei premi. Spesso, spiega Gioia, si tratta di più compagnie la cui tutela si incrocia - quella esercitata nei confronti del medico, quella esercitata nei confronti dell’istituto - con l’effetto di ritardare le pratiche.

L’udienza di merito, quella nel corso della quale il giudice pronuncerà probabilmente la sentenza definitiva, è prevista per novembre. S. Fer.

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