Casetta sul lungolago: è guerra
Rimontata nottetempo (video)
L’ispettorato del lavoro blocca tutto
Esposto in Procura del Comune

Guerra senza esclusione di colpi tra i proprietari del chiosco e il Comune di Como. Alle 14 gli ispettori del lavoro intervengono e fermano il cantiere

Più che una partita a scacchi a questo punto la vicenda della casetta sulla passeggiata Amici di Como sta diventando una vera e propria guerra tra la Chops, la società proprietaria del chiosco, e il Comune.

Questa notte l’ultima sorpresa: la casetta è tornata sul lungolago. È stata ricostruita nottetempo nonostante Palazzo Cernezzi avesse negato il via libera alla riedificazione chiedendo tutta una serie di adempimenti ai proprietari.

Questi ultimi, forti dell’ordinanza con cui il Tar della Lombardia ha sospeso il provvedimento di sgombero della casetta da parte dell’amministrazione comunale, hanno evidentemente deciso di rompere gli indugi e approfittando del buio e della quiete notturna di una città avvolta nell’afa hanno impugnato martelli e chiodi e hanno rimontato in tempi record la casetta, destinata - nelle intenzioni originarie del Consorzio Como Turistica, unico soggetto ad avere titolo di proporre attività sulla passeggiata avendo con il Comune un contratto di sponsorizzazione di quel pezzo di lungolago - a ospitare eventi estivi di “street food lariano”. In realtà quando, agli inizi di giugno, il Comune di Como ha proceduto allo sgombero della casetta ritenuta illegittima, all’interno del chiosco sono state trovate decine di bottiglie di superacolici oltre a pizze surgelate, gelati e altra merce che hanno fatto pensare più all’apertura di un “chiringuito” con vista lago che a uno spazio dove promuovere le specialità comasche.

LA SOSPENSIONE DEI LAVORI

In questa giornata convulsa, attorno alle 14 l’ultimo colpo di scena: gli ispettori del lavoro e i carabinieri del nucleo tutela del lavoro sono intervenuti per controllare il rispetto delle norme sulla sicurezza. Una verifica che ha portato alla sospensione dei lavori.

ESPOSTO IN PROCURA

Nel frattempo la vicenda del chiosco approda anche sui tavoli della Procura cittadina. Il Comune di Como, nei giorni scorsi, ha infatti formalizzato un esposto nei confronti della società proprietaria della casetta chiedendo alla magistratura di verificare la possibile violazione dei vincoli paesaggistici, l’occupazione abusiva del suolo pubblico e addirittura un falso in atto pubblico per un’autocertificazione che, a detta di Palazzo Cernezzi, conterebbe informazioni non veritiere.

LA STORIA DELLA CASETTA

Il primo seme della casetta viene piantato sul lungolago a marzo, quando Roberto Cassani, presidente del Consorzio Como Turistica, presenta una Scia (la Segnalazione di Inizio Attività) al Comune per organizzare la vendita di prodotti tipici lariani sulla passeggiata a partire dall’1 maggio e fino al 31 ottobre nelle sole giornate da venerdì a domenica, ma ancora non si parla di strutture fisse.

Si inizia a ventilare la predisposizione di un “chiringuito” in legno un mese dopo, a metà aprile, quando sempre il Consorzio integra la Scia citando espressamente la realizzazione di una “casetta con wc” per la vendita di prodotti tipici, libri e un mercatino per la festa di primavera. Un paio di giorni dopo la prima sorpresa: la Scia del Consorzio viene affiancata da una richiesta simile, con tanto di occupazione di suolo pubblico proprio lungo la passeggiata, dalla Chops srl. In Comune nessuno batte ciglio, nonostante la sovrapposizione di due richieste apparentemente in contraddizione, visto che il Consorzio non avrebbe mai comunicato formalmente a Palazzo Cernezzi l’intenzione di dare in gestione alla Chops la casetta. L’allora dirigente del settore, Giovanni Fazio, nulla eccepisce sulla Scia (che diventa operativa se nessuno - come in questo caso - la rigetta espressamente) e concede il 29 aprile (ma la comunicazione sarà data solo il giorno dopo) l’occupazione di suolo pubblico al Consorzio. Peccato che i lavori per la casetta il 29 fossero già quasi finiti.

Il 30 aprile il Comune cambia idea e tenta di correre ai ripari avviando una procedura di riesame sull’edificazione della struttura. Lo stesso giorno si rifà viva la Chops che presenta una nuova Scia per l’attività di bar, mensa e cucina sul lungolago. Anche in questo caso Palazzo Cernezzi formalmente tace. Iniziano giorni frenetici con tanto di convocazione (e successiva sospensione) della conferenza di servizi per l’autorizzazione paesaggistica (mai arrivata). Il 12 maggio il Comune annulla la concessione data al Consorzio Como Turistica e gli intima la rimozione entro 7 giorni, ma nulla viene comunicato alla srl desiderosa di aprire un chiosco-bar in una zona di grande richiamo e sicuro successo commerciale ed economico (come dimostra la scorta di cibo e bevande, tra cui molti superacolici per happy hour, trovata nella casetta).

RIMOZIONE CON GIALLO

Dopo una serie di proroghe chieste e accordate e l’impegno dell’avvocato Massimo Ambrosetti (legale della Chops) di rimuovere il tutto il 26 maggio, si arriva all’ultimatum del 3 giugno. La scadenza non viene rispettata e il Comune incarica (su indicazione della Csu) Riccardo Ballerini della rimozione. Il 4 giugno, però, gli operai di Ballerini si presentano in ritardo e spariscono in meno di un’ora, senza smontare quasi nulla e costringendo il Comune a incaricare un’altra ditta di completare la rimozione nottetempo. Poche ore dopo arriverà la sospensiva del Tar.

«Io mi occupo anche di sfratti - ha spiegato il “buco” tirato al Comune lo stesso Ballerini - E quel giorno, quando ho saputo che sul posto non c’era l’ufficiale giudiziario e nonostante questo il Comune aveva chiesto ai miei ragazzi di forzare i lucchetti della casetta, mi sono consultato con il mio avvocato. E lui mi ha detto che avrei commesso un’effrazione e non mi conveniva procedere perché mi avrebbero potuto fare causa. Ecco i motivi per cui ho deciso di rinunciare». Rinuncia mai comunicata, neppure informalmente, a Palazzo Cernezzi.

Agli uffici comunali non è passato però inosservato il fatto che Ballerini sia legato ai proprietari della casetta. Nell’accettazione dell’incarico, infatti, l’imprenditore ha presentato un preventivo su carta intestata della società Traslocare.it indicando però al Comune la Jonathan srl come società a cui pagare la prestazione. Soci di questa società sono tra gli altri Bruno De Benedetto e l’avvocato Ambrosetti. Quest’ultimo è il legale che ha vinto il ricorso al Tar per conto della Chops, mentre De Benedetto non solo possiede – attraverso la Indate srl – quote della stessa Chops, ma è anche compagno di Tatyana Khvostova, consigliere della società proprietaria della casetta e titolare del 39% delle quote della stessa srl.

Ma il coinvolgimento della Jonathan, si sono affrettati a precisare sia De Benedetto che Ballerini, è stato un errore. «Nel preventivo firmato da Traslocare.it - ha spiegato Ballerini - sono stati sì inseriti i dati bancari della Jonathan, ma a causa di un errore del sistema gestionale. Inoltre la stessa Jonathan si occupa di tutt’altro, e non avrebbe neppure potuto svolgere l’incarico richiesto dal Comune». In sintesi: è vero che chi avrebbe dovuto smontare la casetta è l’amministratore di una società che vede tra i soci anche il proprietario della casetta stessa, ma quella società non ha avuto alcun ruolo in questa vicenda.

Stanotte l’ultimo colpo di scena con il ritorno della casetta sul lungolago.

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