Viadotto, il progetto non si trova
«In Comune caos sui documenti»

Per i periti «non c’è mai stato». L’ex dirigente: «C’era, non so che fine abbia fatto». Il sospetto è che possa essere stato perso. Nella relazione si parla di «confusione documentale»

«I documenti sul viadotto c’erano tutti. E sono stati consegnati al Comune perché li custodisse». Non hanno alcun dubbio, al riguardo, l’allora responsabile del procedimento dei lavori del viadotto (Antonio Viola, ex dirigente comunale oggi in pensione) e il collaudatore tecnico-amministrativo (Bruno Tarantola, attuale dirigente del settore Strade in Provincia). E siccome è difficile dubitare che i periti del Tribunale, che nella loro consulenza tecnica hanno messo nero su bianco come sia «molto probabile che un progetto esecutivo in variante del viadotto dei Lavatoi non sia mai stato redatto», non essendo stato trovato nei documenti in possesso di Palazzo Cernezzi, la conclusione più logica - prendendo per buone le dichiarazioni dei due dirigenti pubblici - sembra soltanto una: gli atti sono stati persi dal Comune. E non stupirebbe neppure troppo, se è vera la «confusione documentale» riscontrata dai periti del Tribunale («tavole non coerenti, assenza di elaborati...»).

Di certo (nell’una o nell’altra ipotesi) l’immagine dell’amministrazione cittadina non esce benissimo da questa storia.

Il punto di partenza, come abbiamo già avuto modo di scrivere nei giorni scorsi, sono le oltre cento pagine di consulenza tecnica d’ufficio nell’accertamento tecnico preventivo sui guai del viadotto dei Lavatoi. Un accertamento dai toni drammatici non soltanto sul fronte dei danni e dei vizi - più o meno occulti - dell’opera. Ma anche sul fronte dei documenti e di come sono stati conservati in Comune.

«È dimostrato - scrivono gli esperti - che un progetto esecutivo in variante del ponte non è mai stato depositato in forma completa presso il Comune, dal momento che non esiste alcun documento formale in tal senso né esistono elaborati firmati dal Comune di Como, ad eccezione di quelli relativi allo scavalco della linea ferroviaria e di altri 19 elaborati».

Antonio Viola, il dirigente di allora che per il viadotto dei Lavatoi svolgeva il ruolo di responsabile del procedimento, parliamo del 2002, assicura però che i documenti c’erano tutti. E lo stesso fa il collaudatore amministrativo, l’ingegner Bruno Tarantola, che diede l’ok nel 2004.

«Ero il responsabile del procedimento - spiega Viola - e mi ricordo che fu collaudato regolarmente. Nel 2009 riscontrammo alcuni difetti e ci fu un intervento, poi non successe più nulla fino al 2013, quando andai in pensione. Una volta l’anno facevamo controlli e sopralluoghi» di cui però non c’è alcuna traccia. Così come dei progetti, che Viola assicura ci fossero tutti: «Il progetto esecutivo di variante? Certo che c’era, se non ci fosse stato, come avrebbe potuto l’ingegner Tarantola fare il collaudo tecnico-amministrativo? Quello statico e strutturale lo fece il professor Gentile di Milano. E non solo la relazione, ma anche i calcoli erano allegati».

Su dove siano finiti i documenti Viola non sa rispondere: «Mi sembra strano che non si trovino, se hanno trovato i collaudi dovrebbero avere tutto. Ma ripeto, per forza c’era tutto, non ho alcun dubbio. Ci furono verifiche e sopralluoghi anche da parte delle Ferrovie dello Stato. Mi sembra difficile che sia andata persa una documentazione così voluminosa, ma di certo all’epoca c’era». E aggiunge: «È assolutamente impossibile che il Comune possa aver realizzato e collaudato un’opera senza i documenti previsti dalla legge, non si può fare una variante senza il progetto cartaceo».

Ricorda bene i faldoni anche il collaudatore tecnico-amministrativo Bruno Tarantola: «Tutto quello che ho fatto - spiega l’ingegnere - l’ho fatto secondo scienza e coscienza. Il progetto di variante c’era ed è stato riconsegnato al Comune di Como affinché lo custodisse come tutto il resto della documentazione».

Il tecnico aggiunge anche che «senza tutta la documentazione prevista dalla legge non sarebbe stato possibile effettuare il collaudo». Rimane in ogni caso irrisolto il mistero: se davvero c’erano, dove sono finiti. E come mai il Comune, che ha fatto partire la causa, ha depositato faldoni bloccati come «confusione documentale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA