Villa Olmo, in mostra la città
Un viaggio lungo un secolo

Inaugurato l’evento del Comune, focus sul Novecento. Il curatore: «Opere mai esposte e tanti capolavori»

Un viaggio lungo un secolo. Una piccola storia dell’arte italiana del Novecento, attraverso il tema della città, filo rosso che conduce il visitatore nelle otto sale di Villa Olmo, cuore della mostra inaugurata ieri e aperta fino al 16 novembre.

La rassegna del Comune è stata presentata dal sindaco Mario Lucini con l’assessore alla cultura Luigi Cavadini e il curatore Flaminio Gualdoni. L’amministrazione, con l’evento “Ritratti di città”, punta al riscatto, dopo il flop dell’anno scorso. Organizzazione e gestione questa volta sono state assegnate a un privato, la società milanese Sae Comunicazione Integrata. Lucini ha parlato di «una nuova opportunità di crescita, una proposta che si inserisce in un percorso avviato nel 2013 con il proposito di far riflettere attraverso l’arte sul tema della città». «Mi auguro - ha aggiunto - che tutti sappiano cogliere questa opportunità e si superino certe polemiche di cortile che sono poco comprensibili e non fanno il bene della nostra comunità». «Siamo alla seconda tappa del trittico che abbiamo progettato - ha detto Cavadini - e offriamo ai visitatori le visioni di città di oltre cinquanta artisti, dai primi del Novecento a oggi. La pittura è protagonista, con la scultura e la fotografia». Gualdoni ha regalato più di una suggestione: «Una comunità è un’aggregazione di funzioni o di persone? Una comunità è solo una somma di soggetti? Tanti artisti si sono interrogati in questo modo e noi vogliamo mostrare che sono come i famosi canarini in miniera. Quando un canarino moriva, il minatore capiva che era il caso di scappare, gli artisti sono i canarini della nostra società». «In cuor mio - ha proseguito il curatore - la mostra è tutta una dedica al comasco sant’Elia, che non è ancora riconosciuto nella sua grandezza». Sottolineatura doverosa per le opere mai prestate a mostre e quindi mai esposte, come una “Periferia” di Boccioni del 1908, e per il capolavoro di Giacomo Balla del 1942: “La città che avanza”, con il Lungotevere invaso da condomini e tralicci. «Io non ho mai fatto mostre di nomi - ha concluso Gualdoni - ma mostre di opere. Non mi interessa se l’artista è conosciuto oppure no, simili eventi non sono fatti per vedere cose che si conoscono già ma per attivare il cervello».

© RIPRODUZIONE RISERVATA