Yara: Bossetti confessa alla moglie
«Se sono certi del Dna, sono guai»

Pare che Massimo Bossetti sia consapevole che le tracce di Dna trovate sugli indumenti di Yara potrebbero essere la prova che lo “frega”

«Se sono certi è un guaio». Pare sia consapevole Massimo Bossetti che le tracce del suo Dna trovate sugli slip e sui leggins di Yara potrebbero essere la prova che, assieme agli altri elementi raccolti da inquirenti e investigatori, lo “frega”. E’ quanto emerge in alcune delle intercettazioni agli atti dell’indagine che la Procura di Bergamo ha appena chiuso in vista della richiesta di processo per il muratore di Mapello (Bergamo), accusato di omicidio volontario aggravato dalle sevizie e dalla crudeltà e anche di calunnia per aver incolpato dell’assassinio della ragazzina un collega, pur sapendolo innocente.

Nonostante la sua difesa abbia sempre contestato gli esiti dell’esame del Dna, Bossetti più volte, durante i colloqui in carcere con i suoi familiari manifesta la preoccupazione per quell’esame che ha portato diritto a lui, al suo arresto. In una intercettazione dello scorso luglio, durante un colloquio in carcere con i familiari, parlando con la moglie Marita Comi e il cognato Agostino (fratello della donna), a un certo punto afferma: «Loro dicono che è stata picchiata sulla testa, seviziata, violentata». E Marita: «No...no...no». Bossetti prosegue: «Ed il mio Dna è sul...basta...la mia fregata è quello!». E dopo aver negato qualsiasi sua responsabilità, il muratore aggiunge: “Però se son certi è un guaio!”.

Sempre a luglio, Bossetti parlando con il fratello e la cognata Monica, senza spiegare, si legge nel documento, come sia stato possibile trovare il suo Dna sugli indumenti di Yara, ripete più volte «è il Dna che mi frega». E ben sapendo, dice alla madre, «che la scienza non sbaglia». E al di là dell’ipotesi, poi smentita, che sia stato trasportato tramite uno straccio sporco del suo sangue lasciato nel cantiere, anche con la moglie ammette: «(...) niente sarà da combattere contro quel Dna lì che,... il mio problema, che cosa ti ha detto Salvagni? L’ho visto preoccupato. (...) Mi ha detto che con la pm così sarà dura ancora in dibattimento con il Dna e sarà dura combattere».

Dalle carte dell’inchiesta vengono a galla altri particolari: dai dubbi sulla sua innocenza del fratello Fabio a quelli della moglie alla quale per altro chiede di buttare alcuni coltellini sfuggiti alle perquisizioni. Moglie con cui per altro è anche andato nel campo di Chignolo d’Isola dopo il 26 febbraio 2011, giorno in cui è stato trovato il corpo senza vita di Yara. «Se ti ricordi c’erano i fiori...forse c’era anche un pupazzetto mi pare, non mi ricordo (...) un peluche...(inc) e c’erano i fiori...ma io personalmente...». «Ma dicono che la conoscevi», fa notare lei. «Non conoscevo niente, nessuno!», risponde lui.

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