Scudo fiscale, retromarcia di Tremonti
Salvi i conti in Svizzera dei frontalieri

Il ministro Tremonti ha rivisto le norme sullo scudo fiscale nella parte che riguardano i conti dei lavoratori frontalieri. Secondo quanto ha annunciato l'Agenzia delle Entrate, infatti, sarebbero esclusi da accertamenti e da monitoraggio i conti detenuti in banche svizzere dei frontalieri e su cui vengono depositati gli stipendi.

È un piccolo passo indietro, ma l'importanza che riveste e la ricaduta che avrà sono enormi. La pressione e la protesta avviate dai lavoratori frontalieri sul Fisco italianpo (ieri l'ultima: una lettera delle Acli inviata direttamente al ministro dell'Economia, Giulio Tremonti) avrebbe fatto cambiare idea agli 007 del Fisco: i redditi e i conti correnti degli oltre 50mila lavoratori frontalieri depositati nelle banche in Svizzera non saranno più oggetto di accertamento fiscale. Questo del resto - fino ad oggi - era l'intenzione del Fisco, così come aveva dichiarato in una risposta ufficiale l'agenzia delle Entrate nell'ambito della spiegazione e dell'applicazione delle norme sullo scudo fiscale. Anche i conti correnti dei frontalieri - era stato precisato - dovevano essere sottoposti al monitoraggio dello scudo e quindi, agli accertati fiscali, per verificare se quelle somme erano da considerare soldi esportati o detenuti illegalmente all'estero e quindi nascosti al Fisco italiano. Ieri, invece, la svolta: la stessa agenzia delle entrate «si occupa di evasori e non di lavoratori» hanno fatto sapere gli ispettori fiscali di Tremonti. Sottolineando che «in merito alla problematica dei lavoratori all'estero, tra cui i frontalieri, legata allo scudo fiscale, questi soggetti nulla hanno a che fare con l'evasione internazionale». E proprio per «salvare» del tutto i soldi dei frontalieri, tenuti sui conti svizzeri il più delle volte per pagare la previdenza complementare elvetica, e fare massima chiarezza, il Fisco ha aggiunto che questa «casistica sarà affrontata in una circolare in corso di emanazione che terrà conto delle tipologie di reddito, delle circostanze in cui è stato prodotto e del suo utilizzo». La lettera delle Acli comasca, inviata a Tremonti, del resto sottolineava proprio come «le telefonate che, in gran numero e da ogni dove», stavano ricevendo in questi giorni «evidenziavano il disorientamento e la confusione che i lavoratori frontalieri si trovavano ad affrontare».

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