Taborelli: una gelata sugli ordini
Per la tessitura un periodo nero

L'analisi del presidente di Confindustria Como mette in evidenza un nuovo rischio sulla congiuntura già pesante e difficle che sta attraversando il tessile comasco. E ieri intanto in Regione un'interrogazione dei consiglieri comaschi per sollecitare lo stato di crisi per il territorio.

Siamo allora fuori dalla crisi? «La fase più acuta è stata superata, ma stiamo patendo ancora un rallentamento delle richieste». Risponde Ambrogio Taborelli, presidente di Confindustria Como, a capo di una delle realtà leader nel settore della tessitura tinto in filo, da sempre legato al territorio e massima espressione del made in Como. «Settembre e ottobre erano partiti bene - spiega l’imprenditore - con gli impianti quasi a regime, ma a novembre la ripresa si è bruscamente raffreddata. Attualmente il parco telai sta lavorando al 70%, abbiamo richieste solo per i prossimi 15-20 giorni. Uno stop che non fa certo dormire sonni tranquilli». Taborelli fa anche un’analisi della composizione del carnet ordini.
«Quello che tira ancora è l’abbigliamento femminile, fermi invece cravatteria e tessile arredo». Anche nella confezione donna, i clienti sono comunque timorosi, a cominciare dalle grandi catene e dai marchi del lusso. «Arriva qualche coda dell’inverno, e a singhiozzo le pezze relative alla campagna estiva. Di fatto - spiega Taborelli - la recessione sta radicalmente modificando la struttura delle commesse, sempre più ridotte e con consegna immediata. La tendenza è di comprare sul venduto, in pratica nessuno è più disposto a investire nel magazzino». Il presidente di Confindustria Como, descrivendo la fase attuale, tiene a precisare che il panorama è comunque meno nero dello scorso inverno. «Negli stessi mesi del 2008  la situazione era ben più drammatica,  forse il momento peggiore in cui la recessione si rivelò in tutta la sua drammaticità con un picco stagionale della domanda: -50%».
A conti fatti, l’industriale stima che il settore del tinto in filo chiuderà l’esercizio 2009 con una perdita di volumi prodotti del 30%, meno ingente di quella che stimano altri anelli della filiera serica. Sul futuro non si sbilancia, anche se segnala qualche spiraglio positivo dall’estero. «Da Francia e Germania, in particolare, - dice - mentre la Spagna permane in grave difficoltà. Quel che è certo è che dappertutto i volumi si sono ridimensionati e non ci sarà più spazio per tutti». E anche dagli Usa molte cose sono cambiate. «L’aria è cambiata, si respira maggior ottimismo Oltreoceano, ma si attende lo shopping natalizio. Gli Stati Uniti rimangono, comunque, uno dei nostri principali mercati di sbocco, sbaglia chi lo sta abbandonando».

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