Tessuto: le griffe non ci pagano
e le banche chiudono il credito

Pesante allarme dell'imprenditore tessile sulla nuova situazione che sta attraversando il distretto e gli imprenditori comaschi. Il timore ora è che la crisi finanziaria delle griffe possa ripercotersi ulteriormente sulle aziende fornitrici dell'industra della moda. E il distretto rischia di essere distrutto.

La schiarita percepita dagli espositori lariani presenti al salone francese Première Vision, che si è appena concluso a Parigi, è offuscata dai nuvoloni che si sono addensati sul mondo del lusso, presagio di una terribile tempesta finanziaria. L’Italia della moda, fino a ieri risorsa strategica del Bel Paese, è afflitta da un pesante indebitamento. Questa stagione a sfilare sono i conti in rosso dei più grandi e celebrati gruppi, deficit che nei casi più critici rischiano di affossare parecchi marchi, e di conseguenza la rete di fornitori e licenziatari con cui intrattengono rapporti. Prima il nodo della It Holding di Tonino Perna, dove i tre commissari straordinari stanno cercando di chiudere la situazione debitoria con i loro partner a condizioni più gravose delle usuali, proponendo drastici tagli degli importi in sospeso (molto più del 50%). Poi è arrivato come un fulmine a ciel sereno la crisi del gruppo tedesco Escada, attualmente in amministrazione controllata. Quindi, la sospensione delle contrattazioni in Borsa del gruppo Mariella Burani. Il marchio ha chiuso il primo semestre 2009 con una perdita di 142,1 milioni di euro a fronte di un utile per 4 milioni dello scorso anno. Il fatturato è sceso del 24,4% a 246,1 milioni mentre il debito netto ha toccato soglia 478,4 milioni da 401,5 milioni. La brusca battuta d’arresto di uno tra i più importanti clienti di riferimento minaccia pesanti ripercussioni sul made in Como, così come le perdite di altri big. Dopo l’allarme lanciato ieri da alcuni protagonisti della nostra filiera tessile, Alessandro Tessuto rincara la dose. “Il problema c’è ed è enorme. Le maison in difficoltà hanno sospeso o allungato i pagamenti. Come se già questo non bastasse, alcune banche hanno congelato i loro crediti con case di moda di primaria importanza, mentre altre con la rinegoziazione del debito sono di fatto diventate il primo socio”. A questo punto, Tessuto mette in luce un quadro inatteso, dai riflessi preoccupanti. “Invece di trattare e saldare i fornitori, questi istituti hanno chiuso i rubinetti. Un atteggiamento sconcertante nei confronti di chi per decenni ha contribuito alla fortuna delle più prestigiose passerelle. Se le cose non cambieranno, sarà difficile tutelare quel che resta della filiera. Si profila una caduta a domino: tessitori, nobilitatori e converter con confezionisti”. La situazione appare ancor più paradossale alla luce dei sempre più forti segnali di ripresa. “Qualche mese fa eravamo nel panico per il blocco degli ordini, adesso che il peggio è passato e il settore comincia a intravedere spiragli leggermente positivi, siamo terrorizzati dal crac finanziario”. L’imprenditore snocciola altri problemi sempre riguardanti il nodo-banche. “Per garantirsi selezionano i prestiti o erogano solo l’equivalente delle fatture presentate all’incasso, che causa congiuntura sono evidentemente diminuite. I mancati pagamenti da una parte e la revisione degli affidamenti dall’altra stanno aggravando la tensione finanziaria. Adesso la vera incognita è capire quali saranno gli effetti collateri sui bilanci di fine anno, e se la riduzione della massa di liquidità ci spezzerà le gambe proprio quando pensavamo di rialzarci”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA