"Altre griffe entreranno in crisi
Como ora può imporsi alla Moda"

Il monito di Massimo S. Brunelli, amministratore delagto della Mantero: solo unendo le forze industriali del distretto si riuscirà a trattare alla pari. Poi la considerazione: ma pochi imprenditori sul territorio la pensano in questa direzione.

«Siamo solo all’inizio. L’industria della Moda conoscerà una fortissima pulizia nel panorama competitivo. Gli episodi che stiamo vivendo in questi giorni sono solo alcuni di quelli che temo succederanno». Il rosso della griffe continua a increspare gli orizzonti delle imprese tessili comasche. Il timore è su quanto potrà, di quelle crisi finanziarie, abbattersi sul distretto. La stretta del credito, il ritardo dei pagamenti, le fatture respinte sono segnali reali con cui si stanno facendo i conti. Massimo S. Brunelli, amministratore delegato della Mantero, analizza il nuovo contesto da un punto di vista, diciamo, più «favorevole» rispetto a molti suoi colleghi. L’accordo siglato nei giorni scorsi con le banche per la ristrutturazione del debito sul lungo periodo, gli consente un’analisi da una maggiore stabilità finanziaria aziendale. E Brunelli, infatti, si toglie subito un sassolino dalla scarpa. «Credo che le prospettive del settore che noi serviamo stiano prendendo una direzione molto chiara, di pulizia, fino a confermare chi nel mercato avrà veramente valore da offrire. Ma prima devo dire che quello della Moda è un settore rispetto al quale negli anni scorsi abbiamo sofferto molto. Pur essendo aziende che servono proprio quell’industria delle griffe, noi non abbiamo avuto neppur lontanamente i loro tassi di crescita: le masion andavano in una direzione e noi in una completamente diversa». Brunelli non lo dice esplicitamente ma la polemica di questi giorni ha ben messo in evidenza quale sia il problema. La Moda è un settore in cui i prezzi vengono caricati anche del 400%, un abito che viene venduto a 10 dal produttore, in boutique rischia di essere venduto anche a 400, o più. E se il mercato tiene i clienti pagano. Oggi però, con le griffe che soffrono, e i cui conti vanno in rosso, anche loro ammettono - e qualcuno aggiunge «quello che avevano sempre negato» -: i prezzi sono diventati troppo cari. Oggi la potenza del marchio non assorbe più le cifre insostenibili. Sotto accusa anche i tassi di crescita esagerati per vendite e margini. Le stesse numerosissime acquisizioni fatte a debito hanno oggi portato a disastri nei bilanci aziendali, costringendo a vendere marchi e a perdere molti soldi. Ecco perché, allora, diventerà decisivo nel nostro futuro - spiega Brunelli - «essere un’azienda al servizio dei marchi davvero importanti. Che si chiamino Armani, Chanel, Gucci... Perché questi sono i marchi che hanno basi solide. E sempre nell’ambito della nostra stabilità finanziaria, devo dire che la Mantero non ha crediti né verso l’It holding né verso l’ultimo caso importante di Burani». Selezione, quindi. E resta chi ha valore aggiunto da vendere sul mercato e che il mercato gli riconosce come reale. «Una pulizia che trovo ragionevole, perché in un mercato che si contrae - spiega Brunelli - finiranno per prevalere soltanto coloro che agli occhi del cliente avranno davvero valore. E allora in questo contesto è chiaro che sopravvivono i più forti». I più forti saranno costretti anche far riferimento sempre più, per mantenere il loro standard di alta qualità, a distretti di imprese specializzate come quelle comasche. Potrebbe allora essere la volta buona per tentare di «ribaltare» quel rapporto di sudditanza con le maison che gli stessi imprenditori denunciano e di cui si lamentano ormai da molti anni? «Un maggiore potere contrattuale con le maison potrebbe essere un passaggio importante, ma si ottiene solo in un modo: unendo le forze. Como è un distretto che ha qualità, peculiarità ma che non ha giocatori in posizione di forza suprema. E quindi - spiega Brunelli - i nostri clienti che sono più che mai orientati a tagliare, tagliare e tagliare si avvantaggiano di questa situazione. Io posso anche sostenere di essere bravissimo a fare una cosa, ma ce ne sono almeno altri due o tre che lo fanno con la stessa qualità. E ogni qualvolta siamo nell’arena qualcuno di noi cede». E pare di capire che la forza, anche in termini contrattuali arriva solo da un maggiore dimensione, intesa come potenza contrattuale forte. «E qui è la dimensione ad essere decisiva. Ma oggi, ribadisco, non vedo nel mio orizzonte colleghi e concorrenti che la pensano come me».

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