Capasa, il guru della trasgressione
"La seta ha bisogno di un rilancio"

Un testimonial davvero «su misura» per un evento che invita il mondo della moda a riscoprire la sua anima più selvaggia, trasgressiva rock. Capasa è stato tra i primi designer a puntare sulla forza e sul fascino del primitivo e dell’irrazionale. E lanciua la sua "ricetta"

Sarà Ennio Capasa, celebre stilista e designer di Costume National, a chiudere la settimana della creatività promossa da ComOn: questa sera, all’Hangar Aero Club, come ospite della festa Jungle. Un testimonial davvero «su misura» per un evento che invita il mondo della moda a riscoprire la sua anima più selvaggia, trasgressiva rock. Capasa è stato tra i primi designer a puntare sulla forza e sul fascino del primitivo e dell’irrazionale. A osare inedite contaminazioni tra tribale e tecnologico, a sovvertire le rituali presentazioni riservate solo agli addetti ai lavori. Nell’ultima edizione delle sfilate milanesi ha portato la sua collezione in piazza Duomo, coinvolgendo 14mila persone. Un colpo di spugna su schemi e modelli da molti ormai ritenuti superati.
Lei crede che il made in Italy debba cambiar musica per uscire dalla crisi?
Bisogna essere convincenti, più autentici. Penso che per il sistema del tessile questa crisi possa rappresentare uno stimolo, un momento di transizione dal quale trarre insegnamento. Bisognerebbe puntare su una più efficiente organizzazione produttiva e su una riallocazione più appropriata delle risorse disponibili, sull’innovazione di prodotto ed immagine.
Ha anticipato i tempi confrontandosi con lo spirito animale: come l’ha tradotto nelle sue scelte di stile?
For fashion animals è il claim che ha caratterizzato le prime campagne pubblicitarie di C’N’C Costume National e ha contraddistinto il progetto C’N’C Absolut Vodka.Rappresenta la metafora underground chic di una generazione techno ed eclettica alla quale si rivolge il marchio.
Poi, nello stesso modo provocatorio, ha “vestito” con il tema jungla i bus di Milano: come ha reagito la gente?
Bene. Con questa iniziativa volevamo “permeare” la città dello spirito C’N’C Costume National e credo che abbiamo centrato l’obiettivo.
Da sempre lavora con le maggiori aziende tessili comasche: lo tsunami che si è abbattuto sul distretto ha spento la sua energia creativa?
No, ogni momento di crisi porta con sè vento di cambiamento, di novità. Propone nuove fonti di energia da cui trarre ispirazione.
Miuccia Prada ha detto che Como non esisterebbe senza gli stilisti, i nostri industriali sono convinti del contrario. Lei cosa ne pensa?
Credo che il distretto serico rappresenti un polo d’eccezione del made in Italy e che gli stilisti rappresentino il mezzo di espressione del lavoro di eccellenti tessitori e stampatori.
Con la fusione delle fiere tessili, il territorio ha perso la sua più importante vetrina: cosa si può fare per rilanciare l’immagine della seta?
Bisogna ripristinare una sede prestigiosa ed innovativa che unisca tradizione e tecnologia e che possa dare un aspetto moderno a questa fibra sdrammatizzando la visione classica che se ne ha.
In questi giorni si è parlato molto di moda ecocompatibile: realtà o utopia?
Assolutamente una realtà. L’ecologia è un tema a me molto caro e credo che un atteggiamento ecocompatibile sia alla base di un comportamento responsabile. Lavoro da tempo con materiali eco-friendly come il caucciù, il bambu o la canapa e sono alla continua ricerca di nuovi.
Si è parlato anche di contaminazione tra materiali diversi: i produttori a monte sono pronti a cogliere questa sfida?
Se vogliono restare competitivi, devono sostenere l’innovazione di cui il sistema moda si alimenta. Le aziende locali lamentano di fare molta ricerca per gli stilisti, e poi di vedersi scippare le produzioni dai terzisti o dai competitor asiatici.
Così facendo non si rischia di distruggere la filiera?
La moda è diventata molto più business oriented a seguito delle massicce operazioni di acquisizione da parte dei grandi gruppi, qualche anno fa.
Serena Brivio

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