Case e spazi sociali
La nuova vita
dell’area dismessa

Bruno Rampoldi, amministratore delegato del Consorzo Abitare di Como, racconta il percorso avviato per la trasformazione della Val Mulini

Costruita nel 1947 nei pressi del torrente Fiume Aperto a Como, la Tinto-Stamperia in Val Mulini ha interrotto l’attività negli anni ’80 e da allora è un sito industriale in stato di abbandono. Obiettivo di Consorzio Abitare è il recupero di 5.500 mq dell’area dismessa: la metà sarà dedicata al residenziale per la realizzazione dai 20 ai 30 appartamenti, con ampi spazi verdi, una parte è riservata, per scelta, alle iniziative culturali e sociali.

In linea con le più attuali tendenze dell’architettura e dell’urbanistica, gli interventi che il Consorzio privilegia sono quelli di recupero edilizio. Negli ultimi anni si notano anche significativi cambiamenti di domanda e quindi di caratteristiche funzionali: se, storicamente, le cooperative edilizie nascevano quasi esclusivamente per dare risposte di tipo residenziale, oggi si lavora su progetti che integrano usi e vocazioni diverse.

A che punto siamo con l’iter progettuale?

Nei prossimi giorni - risponde Bruno Rampoldi, ad di Consorzio Abitare - l’aspetto più rilevante e con impatto sul futuro del progetto è la messa a fuoco delle attività di utilizzo temporaneo degli spazi, di tipo culturale e centrali per il tema della rigenerazione urbana. Intendiamo riqualificare gli immobili industriali dismessi ad uso residenziale integrati per la socialità, con una grande attenzione al contenuto delle attività che saranno ospitate.

Attività che già si svolgono nel sito, con quale assiduità e programma?

Nell’ex stamperia della Val Mulini sono state ospitate le iniziative e i momenti di aggregazione di diverse associazioni e gruppi come, per esempio, mostre fotografiche o gli spettacoli della cooperativa AttivaMente. Proprio sabato prossimo definiremo insieme il programma della primavera.

Perché è così importante definire già ora gli utilizzi “temporanei”?

Perché, oltre alle analisi strutturali necessarie in qualsiasi recupero di un edificio esistente, è dirimente per l’iter amministrativo la definizione delle attività non residenziali che lì saranno ospitate perché questo stabilisce la porzione degli spazi a destinazione non residenziale.

I prossimi mesi saranno fondamentali per sviluppare le attività di uso temporaneo, per sperimentarle, verificarne coerenza e qualità e individuare un progetto che preveda fisicamente spazi da decidere in funzione delle realtà che riusciremo a coinvolgere.

Si tratta quindi di verificare quali impegni anche economici saranno sostenuti e per quanto tempo?

Sì, il nostro compito è raccogliere le istanze che nascono dal territorio e tradurle in proposte concrete, in una logica di qualità perché si crei un luogo vivo di aggregazione. Tutto questo richiede anche un impegno economico, non solo una dichiarazione di intendi. Servirà sapere qual è la forza di sostenibilità economica delle attività che si svolgeranno.

Resta che la vostra missione come cooperativa è anche sociale, in quale modo cercherete di rendere sostenibile il progetto per gli spazi aggregativi?

Da parte nostra garantiremo canoni sostenibili, esistono anche fondi stanziati che possono essere destinati a sostenere il progetto di riqualificazione di spazi destinati alla socialità e alla cultura. In ogni caso le iniziative devono pensare alla sostenibilità economica e di questo bisogna essere ben consapevoli. Senza per questo abdicare alla finalità sociale che resta primaria.

Se c’è una domanda da parte della società civile, le istituzioni, gli enti locali sono stati coinvolti o si sentono chiamati a partecipare al progetto?

Noi rileviamo in questi mesi una domanda forte, un desiderio di spazi per la cultura, non solo un luogo fisico ma anche di relazioni, si aprirebbero poi anche una serie di contatti con le realtà locali, ma ci pare di cogliere anche la voglia di costituirsi in modo autonomo.

Avete stimato una soglia minima di investimento?

Stiamo considerando diversi scenari e anche i finanziamenti che si potrebbero rendere disponibili con la normativa attuale e futura. Complessivamente questo è un intervento di riqualificazione che richiede un investimento economico di circa 11 milioni di euro, comprensivi della parte residenziale e di quella a uso temporaneo. Come sempre nei nostri interventi, il presupposto per la realizzazione è che venga assegnata una percentuale tra il 70 e l’80% di quanto si andrà a costruire.

Quindi per gli appartamenti si raccoglieranno delle intenzioni di acquisto, mentre per gli spazi culturali delle intenzioni di affitto o degli impegni per attività che dureranno nel tempo?

Per la parte residenziale raccogliamo le opzioni, mentre per la parte non residenziale valutiamo un ventaglio di attività culturali e per la sostenibilità economica si valuterà un canone di locazione. Ora ci stiamo proprio occupando di questo aspetto, in modo preliminare e coinvolgendo tutti i soggetti interessati che già hanno utilizzato quel luogo.

Quali sono i tempi che prevedete necessari per l’avvio dei lavori?

Prima dell’estate vorremmo aver definito la proposta per gli spazi non residenziali, incluse aree per la ristorazione o per un bar, servizi necessari nell’idea di un luogo di aggregazione. In parallelo proseguiranno le attività legate alle verifiche ambientali. Rispetto allo sviluppo del progetto iniziamo tra pochi giorni i controlli del sottosuolo, analisi propedeutiche a qualsiasi operazione immobiliare. I campioni prelevati ci diranno se saranno necessarie o meno operazioni di bonifica, nel caso sarà da prevedere anche questo aspetto. La presentazione del progetto al Comune di Como è prevista per l’autunno, dopo l’insediamento della nuova giunta. Poi serviranno circa 20 mesi per la realizzazione.

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