Como, futuro incerto per Kidiliz,
catena di negozi per bambini
Sciopero delle commesse

A rischio il posto per 20 lavoratrici in provincia di Como, 600 in tutta Italia per l’azienda francese controllata dai cinesi di Semir . «Vogliamo chiarezza»

Giornata di sciopero quella di ieri per le lavoratrici di Kidiliz Group. La crisi dell’impresa cinese Semir, leader nel settore abbigliamento per bambini e unico azionista del gruppo dal 2018, mette a serio rischio il loro futuro. Con il supporto della Filcams di Cgil Como, hanno fermato la loro attività tutte e venti le commesse impiegate nei quattro punti vendita moda bambino della nostra provincia (Tavernola, Montano Lucino, Cantù, Erba, tutti con il marchio “Z”). A livello nazionale, i dipendenti sono 600, 150 invece i negozi distribuiti su tutto il territorio della penisola. «In Francia, dove il gruppo Kidiliz gestisce 450 esercizi - chiarisce il segretario provinciale della Cgil, Marco Fontana - è già stata avviato un regime di amministrazione controllata, dall’esito finora incerto. Come sindacato, attraverso lo sciopero puntiamo a chiedere l’apertura di una procedura di concordato preventivo anche in Italia, in maniera tale da trovare, anche grazie all’aiuto delle istituzioni, un investitore disposto a scommettere sul futuro del gruppo e tutelare la forza lavoro, al momento lasciata senza alcuna certezza». Le dipendenti presenti ieri mattina nella sede della Cgil, in via Italia Libera, hanno fatto sapere di non aver ricevuto metà dello stipendio di settembre. «Incrociamo le dita per ottobre - è la speranza di Federica Cirillo, impiegata a Cantù - ma non siamo molto fiduciose. L’azienda non ci comunica più nessuna delle sue politiche, mai successo in dieci anni di lavoro. Noi ci sentiamo in bilico, ma siamo comunque obbligate a stare in negozio otto ore al giorno. Chiediamo chiarezza e onestà, perché da parte nostra professionalità, voglia di metterci la faccia e passione non sono mai mancate».

I punti vendita, ancora aperti a orario continuato, non ricevono più nuova merce. Le scorte della stagione estiva stanno esaurendosi e non è stata concepita una collezione autunno/inverno, tra i mille dubbi della clientela abituale. «Presto - dice con rammarico Cristina Dadi, commessa nello store di Erba - ci giocheremo il rapporto con i clienti più affezionati. Vediamo il nostro lavoro svuotarsi progressivamente di significato, non si riesce più nemmeno ad allestire una vetrina con i prodotti che ci rimangono in magazzino. Il fatturato andrà in breve ad azzerarsi, del resto chi compra costumi da bagno e canottiere in inverno? È un peccato, soprattutto se si considera che negli ultimi mesi, nonostante il Covid, si sono mantenuti i livelli abituali di vendite. Lo scenario è reso ancora più triste dal fatto che ognuna di noi ha costruito nel tempo progetti per la propria famiglia e il proprio futuro. Veder sfumare tutto a causa di scelte aziendali incomprensibili è un colpo durissimo».

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