Como: «Il decreto dignità?
Un’azienda su due
blocca le assuzioni»

Dura presa di posizione di Federmeccanica. «Rallentamento in vista e le nuove regole pesano». I sindacati preoccupati: «Ma per ora nessun allarme»

Tra le aziende metalmeccaniche quasi una su due a Como manifesta la volontà di non rinnovare i contratti di lavoro. Nelle piccole il freno si presenta con un altro indicatore: non si assume. A tremare è un mondo fondamentale: 424 imprese e 16.171 addetti. Si pensi che il tessile ne ha rispettivamente 411 (escluse le artigiane) e 16.232. Immaginarsi se 200 aziende decidessero di non rinnovare i contratti in scadenza.

Il contesto è un calo della produzione dopo anni positivi (sospinti anche dalla misura governativa Industria 4.0), in cui il comparto aveva fatto da traino. Un universo in cui un’azienda su tre che voleva assumere non riusciva a reperire le figure adeguate. Ora c’è un orizzonte di ordini accorciato: oltre gennaio, salvo debite eccezioni, si vede poco. Ma è l’atmosfera politica e il decreto dignità che ne è in parte simbolo, a pesare

Mercoledì l’allarme del presidente del gruppo metalmeccanici di Unindustria Como Ivan Parisi: se il rallentamento della produzione nazionale colpisce il 35% delle imprese, da noi tocca il 48%. E il 46% delle aziende non intende rinnovare i contratti a tempo determinato, solo il 36% è certo che lo farà. Le nuove condizioni del decreto - ormai legge - dignità spaventano in un contesto meno roseo. Soprattutto l’introduzione della causale per il rinnovo dei contratti. Questo in un comparto segnato già dai dazi americani sull’acciaio, per fare un esempio. Goffried Huhn, titolare della BT Technik e vicepresidente della Piccola industria di Unindustria Como, osserva: «L’incertezza pesa, ma senz’altro avere il decreto dignità è diverso rispetto a prima, ad esempio, con un Jobs Act. Il principio che vale per sempre per tutti è che non è che l’imprenditore non voglia pagare. Piuttosto, è tutto nostro interesse assumere e avere operai con una loro formazione, che contribuiscono molto di più rispetto a un contratto a tempo determinato o altre tipologie». Adesso che la realtà si fa più complicata, le nuove condizioni pesano.

Sul fronte artigiano, si stanno fermando le assunzioni per il comparto. La preoccupazione è forte - spiega Francesco Magni, presidente del settore per Confartigianato Como - per la visione limitata sul futuro. Rispetto ad altri colleghi, Magni con l’Officina Maier è un’eccezione: «Sono pienissimo di lavoro - racconta - ma il mio è un articolo di nicchia, vado molto bene con le punte del ghiaccio, se poi nevica ancora meglio. Nell’automotive però le cose vanno meno bene, così il meccanotessile». Secondo Magni i colleghi non hanno prospettato un mancato rinnovo di contratti, meglio l’apprendistato: «Casomai non assumono. Io stesso avevo un dipendente che si è trasferito, non l’ho sostituito e mi sono rivolto a un artigiano esterno. Questa situazione politica ed economica è molto precaria. Da maggio le cose andavano molto bene».

Un contrasto che legge così Marco Mazzone, presidente della Cdo: «Ci sono segnali diversi, a seconda delle aziende metalmeccaniche. Chi non riesce ad assumere, chi vive questo periodo con preoccupazione. Perché respira un clima apparentemente ostile alle imprese. Il Governo deve tenere conto della flessibilità che serve con questa tipologia di mercato, ci sono i cicli. La causale poi ha determinato tanta incertezza».Per adesso le aziende comasche del settore non hanno ancora comunicato ai sindacati situazioni a rischio. Ma la preoccupazione sta salendo: «Il rallentamento - spiega Ettore Onano della Fiom Cgil - lo percepiamo, in quasi tutte le imprese. Per adesso non ci sono posti in pericolo, almeno con le imprese in cui siamo presenti. Però c’è un elemento da considerare: da qua a fine anno il lavoro c’è. Bisogna capire cosa accadrà a gennaio».

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