Coronavirus, le imprese
Ultimo appello per l’arredo
«Vogliamo lavorare»

L’intervista al presidente di FederlegnoArredo, Emanuele Orsini: «Liquidità e risorse a lungo termine. O il sistema non durerà ancora a lungo»

Non produciamo, non fatturiamo, ma paghiamo i fornitori: quanto pensate possiamo resistere? Vi chiediamo liquidità facile e immediata e abbiamo bisogno di tornare a produrre».

La furia di Emanuele Orsini è forte quanto l’amarezza: quelle di un presidente che ogni giorno riceve chiamate disperate dagli imprenditori di FederlegnoArredo.

Ieri Orsini ha postato un video durissimo sui social, in cui lancia messaggi precisi al Governo. E spiega perché non si può più attendere, perché altrimenti la filiera andrà in frantumi, partendo dalle aziende più piccole, stremate.

Presidente, già dopo l’annuncio dei primi 25 miliardi da parte del Governo aveva lanciato un monito: sono una goccia in un mare, per di più in tempesta. Ora è ancora più preoccupato?

Vede, nonostante fossimo chiusi, abbiamo onorato i nostri debiti, pagato le scadenze come ci veniva detto. Ma ciò che non ci viene affatto detto, è una via di uscita per i nostri associati. In un mese non siamo riusciti a mettere insieme una manovra economica per salvaguardare le imprese? Le aziende stanno valutando gli impatti, vedendo anche cos’è accaduto a Wuhan e facciamo i calcoli. Specialmente i piccoli sono a rischio. A fine marzo, abbiamo chiesto ai nostri imprenditori di pagare quanto dovuto ai fornitori, per tenere viva la filiera.

Nonostante lo sforzo il rischio è che si disgreghi lo stesso, a partire dai più piccoli?

Certo, perché non dobbiamo dimenticarci quelli che sono più in difficoltà. Quando sono persi, sono persi.

Voi chiedete di tornare a lavorare gradualmente, ma anche un altro elemento importante, giusto?

Gli imprenditori chiedono di dare accesso al credito, e semplice. Semplice per tutti, lo ribadisco. I commercialisti non possono aiutare a preparare un bilancio per il credito, sono impegnati in altro. E i piccoli da soli non ce la fanno. Ci dev’essere un modo all’americana: prendiamo gli ultimi due bilanci e guardiamo i costi, per sostenerli.

Nel video cita un’espressione cruciale nella pandemia: la responsabilità. Dice al Governo: ci avete detto di essere responsabili, ora tocca a voi, nei confronti delle imprese. Come?

Bisogna che piano piano rincomincino a farci lavorare. Per fasce d’età, con varie modalità, chiamata volontaria… vediamo. L’importante è ricominciare, in modo attento. Se stiamo fermi ancora, il rischio è di non ripartire più. Va cambiato il modo di gestire le cose e questo momento va vissuto anche come l’opportunità di riscrivere l’Italia che funziona. Se la burocrazia resta la stessa e tutti sono inchiodati all’idea : «Non è problema mio, ma degli altri» non va bene.

Intanto, tuttavia, siete rimasti fermi e la liquidità è il tema centrale, ribadisce?

Sì, abbiamo bisogno di finanza, risorse a lungo termine. La politica ci aiuti, ora. E poi sull’Europa… dev’essere Europa. Quanto sognavo gli Stati Uniti d’Europa. Ora se ha il coraggio di essere tale, deve chiamare tutti gli Stati. Muoversi come gli Usa.

Presidente, lei riceve molte telefonate dai suoi colleghi: emerge più la frustrazione, o la rabbia?

Io ascolto la disperazione dalle 7.30 alle 23, ogni giorno. Sento il grande industriale che mi dice: io non ce la faccio. E gli rispondo: non ti devi vergognare, siamo messi tutti come te. Ascolto gente perbene, che si sta distruggendo con l’essere attendisti. Ogni lunedì pomeriggio teniamo il consiglio di presidenza e ognuno parla con i territori per capire ciò che occorre. Chiediamo una cosa semplice: i soldi, alle condizioni che ho detto, e poi pensiamo noi al resto.

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