Da Tavernerio all’Unnione Europea. Sul benessere dei suini, il modello di Fumagalli fa scuola

Alimentari Eliminazione delle gabbie negli allevamenti. L’impresa lariana illustra all’Europa i progressi fatti. «Serve chiarezza su come si svolge la vita degli animali»

La buona prassi per l’intera Europa questa volta arriva dall’Italia e da un’azienda comasca. La Fumagalli Industria Alimentari è stata invitata a Strasburgo per portare come caso studio la sua esperienza nel migliorare il benessere animale negli allevamenti di suini.

L’iniziativa “End the Cage Age” per l’eliminazione delle gabbie negli allevamenti è partita dal basso nel 2021 con una raccolta firme sottoscritta da 1,4 milioni di cittadini europei. Uno straordinario successo democratico che ha portato la Commissione europea ad annunciare piani per vietare le gabbie per oltre 300 milioni di galline, maiali, vitelli, conigli, anatre, oche e altri animali attualmente allevati con sistemi intensivi e crudeli con ripercussioni sulla loro salute e sulla qualità delle carni.

Giovedì scorso l’intergruppo sul benessere e la conservazione degli animali ha discusso il processo di graduale eliminazione dell’allevamento in gabbia nell’Ue e le possibilità concrete ed economicamente sostenibili per le aziende per la transizione.

Pietro Pizzagalli, direttore generale della Fumagalli Industria Alimentari e medico veterinario, ha spiegato che il passaggio a un sistema di allevamento che tutela il benessere dei suini deve andare di pari passo con lo sviluppo di un diverso approccio alla gestione della loro crescita basato su svezzamento tardivo, allattamento senza stress, allevamento all’aperto e migliori condizioni igieniche, a cui si aggiunge l’uso responsabile degli antibiotici.

I progressi fatti

In particolare sono stati spiegati i progressi fatti dall’azienda sulle gabbie aperte per il parto che permettono agli animali di comportarsi secondo la loro etologia e di costruirsi un rifugio con la paglia per far nascere i piccoli. Il monitoraggio di scrofe e suinetti liberi di muoversi avviene a distanza, i mangimi sono di qualità superiore e una fonte di calore riduce il rischio di ipotermina per i cuccioli.

«La scrofa libera di allattare è più rilassata e così i piccoli assumono il colostro e le prime difese immunitarie in modo naturale – spiega Pietro Pizzagalli – è da una decina di anni che stiamo seguendo un percorso di conversione dagli allevamenti convenzionali a quelli di alto livello di benessere animale. Oggi il 50% della nostra produzione segue gli standard definiti dall’organizzazione Compassion in World Farming». Non si taglia più la coda, né i denti, l’allevamento è su paglia, la scrofa non sta più in gabbia in vita né durante la fase di alleattamento. Tutto questo richiede più spazio, più tempo, più qualità e anche adeguata formazione del personale.

Allevamenti biologici

Al momento il 10% della produzione dei 35 allevamenti della Fumagalli è biologica, quindi in allevamenti senza gabbie e con molto spazio, il resto è ancora convenzionale ma con un alto standard e una politica di grande trasparenza che le ha permesso di posizionarsi sui mercati internazionali e di esportare il 75% della sua produzione.

«Alla fine di questo percorso di miglioramento degli allevamenti, i produttori dovranno fare degli investimenti ma anche i clienti finali avranno una ricaduta sul prezzo, anche se molto limitata – prosegue il direttore – abbiamo chiesto che la nuova normativa regolamenti le modalità di allevamento e anche i criteri per le etichette che devono essere esplicite sulla filiera. Sappiamo che aumenta l’attenzione dei consumatori, soprattutto giovani, non solo sul prodotto ma anche sul processo, su cosa c’è dietro e su come si svolge la vita degli animali. Serve quindi grande chiarezza e uniformità nella comunicazione finale».

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