È finita l’era bamboccioni
«I giovani all’estero?
Fanno bene, l’Italia è ferma»

Rosario Rasizza, ad di Openjobmetis, analizza le politiche sull’occupazione e la situazione nel territorio lariano. «Il reddito di cittadinanza non creerà un solo posto di lavoro. I navigator? Disoccupati privi di competenza»

Il reddito di cittadinanza non porterà nessun nuovo posto di lavoro” e i navigator “non conoscono le dinamiche del mercato del lavoro per guidare altri nella ricerca, altrimenti non sarebbero loro stessi nella condizione di cercarsi un’occupazione. Il Governo poteva utilizzare le agenzie per il lavoro e non lo ha fatto. Io sono stato a Roma per tre volte, mi hanno chiesto consigli, mi hanno detto come potremmo collaborare ed è finita con un surreale ’le faremo sapere’, poi il silenzio».

L’analisi di Rosario Rasizza, fondatore e ad di Openjobmetis Spa che conta 131 agenzie in Italia (4 sul Lario), sulle politiche del Governo per l’occupazione non fa sconti a quella che considera una modalità “presuntuosa, e anche un po’ pericolosa” di varare misure politiche senza un piano preliminare che parta da una reale conoscenza della situazione.

Dai fabbisogni del mercato del lavoro di Lecco e Como alle questioni nazionali, Rasizza, classe 1968 e una lunga serie di onorificenze fra cui la nomina a Cavaliere e, l’anno scorso, quella di Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica, passa in rassegna lo scenario dell’occupazione nazionale dall’osservatorio del suo Gruppo imprenditoriale quotato in Borsa al segmento Star, che ha chiuso il 2018 con 594 milioni di ricavi (+1,8% sul 2017) e 12,4 milioni di utile.

Come vede lo scenario del lavoro su Como e su Lecco?

Sono territori con una situazione molto dinamica, dove però la carenza di persone specializzate soprattutto nella metalmeccanica, nella micromeccanica, nell’elettrotecnica e nell’elettronica ci viene segnalata in modo ricorrente dalle imprese nostre clienti. Questo è un paradosso perché da un lato tali figure sono molto richieste e dall’altro c’è la sensazione che certe specializzazioni siano considerate un po’ di serie B soprattutto dalle nuove generazioni.

Ancora una volta il raccordo fra scuola e impresa si rivela necessario per aprire nei giovani nuovi spazi di conoscenza.

Invece il decreto dignità varato nei mesi scorsi dal Governo ha cancellato l’alternanza scuola-lavoro senza dare alternative?

È così. Io penso che questo Governo abbia bisogno di far mente locale sul fatto di non sapere. Quando ci si ricorda di non sapere ci si informa, ci si documenta, si cerca di raccogliere le dinamiche dell’argomento in questione dai territori e da chi ha più esperienza. Se chi ci governa si fosse informato forse quella decisione non l’avrebbe presa, perché è una decisione illogica, e quel che è illogico non ha partito sia che venga da destra, da sinistra o dal centro. Ricordo che dell’alternanza scuola-lavoro la Germania ha fatto un punto di forza, mandando i ragazzi a lavorare anche durante il percorso di studi affinché si rendano conto di cosa c’è in una fabbrica.

Anche se la Germania in realtà ha un problema sulla gran quantità di mini-jobs che danno qualche soldo senza risolvere la vita alle persone?

È vero, condivido. Io ho un figlio di 11 anni per il quale mi auguro che fra molti anni possa trovare una strada che lo gratifichi in modo stabile. Ma utilizzando una metafora calcistica dico anche che l’allenatore non ti mette titolare senza prima averti fatto giocare un po’. Se lo fa sbaglia. Se non ci si fa apprezzare, conoscere, se non ci si mette in gioco è difficile che oggi un imprenditore possa assumere subito a tempo indeterminato

I nostri ragazzi hanno voglia di mettersi in gioco?

In questo senso oggi vedo i giovani divisi in due macro categorie: quelli determinati, che vogliono rompere la catena del destino rispetto ai genitori. E quelli che non hanno sentito difficoltà e crisi perché la loro paghetta è rimasta stabile e magari è persino cresciuta nel tempo. È tempo che si recuperi, nelle famiglie, il merito nel guadagnarsi la paghetta con lavori non certo disdicevoli che si possono fare di sabato e domenica, nei bar e nei ristoranti, anche se si studia.

A più riprese diverse aziende ci dicono che vorrebbero vedere nei giovani lavoratori più ambizione, una maggior grinta per farsi strada e crescere nelle posizioni aziendali interne. Cosa ne pensa?

Se i giovani oggi mostrano scarsa ambizione e grinta sul posto di lavoro ciò si deve anche al non sapersi relazionare attraverso i contatti diretti. Si relazionano sul telefonino e sui social, non hanno voglia di mettersi in gioco parlando con qualcuno. Si chiudono in camera e magari i genitori si dicono tranquilli per il fatto che il loro ragazzo di sabato sera se ne stia isolato davanti a un computer anziché uscire con gli amici.

Nel 2018 nei numeri si sono recuperati i valori occupazionali del 2010, ma i contratti precari e a termine, quindi i bassi salari, prevalgono, anzi dilagano. Che prezzo rischia di pagare in futuro la ricchezza del Paese?

Per un’agenzia per il lavoro, quindi per noi, l’obiettivo finale è quello di arrivare il più possibile ad assunzioni a tempo indeterminato. I dati dicono che il 30% di chi passa per un’agenzia per il lavoro trova occupazione stabile dopo 90 giorni di contratti. Se sono necessari e sufficienti tre mesi di lavoro a termine, purché sia retribuito, tutelato e contribuito, per trovare lavoro a tempo indeterminato ritengo che a conti fatti sia un investimento che i giovani possano fare volentieri.

Quanti posti di lavoro si aspetta dal reddito di cittadinanza?

Nessuno. E dico anche che tutta l’operazione è stata organizzata in modo inadeguato. Come possono i navigator, cioè giovani disoccupati e senza competenze adeguate, guidare nella ricerca di lavoro? Che dinamiche conoscono in proposito al fine di poterle governare? Nessuna, perché se le avessero scoperte per tempo probabilmente non sarebbero nella condizione di cercare lavoro. Il Governo poteva utilizzare le agenzie per il lavoro, che stanno sotto la sua diretta responsabilità in termini di concessione delle autorizzazioni. Non lo ha fatto. Io sono stato a Roma per tre volte seduto a un tavolo: mi hanno chiesto consigli, mi hanno detto come potremmo collaborare e io ho risposto di usarci finché i Centri per l’impiego non saranno pronti e organizzati. E’ finita con un surreale “le faremo sapere”, poi il silenzio.

Non hanno mantenuto l’impegno, per cui ora le agenzie non sono coinvolte nel processo del reddito di cittadinanza.

Come andrà a finire?

Mi auguro che vada a finire. Sarebbe già un bel punto di ripartenza. E mi auguro che chi guida l’Italia abbia la capacità di ascoltare le categorie, le imprese, per trovare soluzioni e suggerimenti insieme per migliorare l’impianto del Paese. Partire dal presupposto che siccome stai seduto lì sai tutto è presuntuoso e anche un po’ pericoloso.

Che pensa dei giovani che se ne vanno all’estero?

Penso che facciano bene, i sogni vanno realizzati. Questi sono ragazzi che hanno una marcia in più. C’è chi sogna solo di notte, questi invece sognano anche di giorno e appena capiscono che qui i loro sogni non si realizzano vanno a cercarli altrove. Io stesso sono figlio di due operai siculi ma non volevo continuare la catena del destino. Non stava scritto da nessuna parte che anch’io dovessi essere operaio, così come non è detto che i figli di medici, ingegneri o altro debbano replicare la vita dei genitori.

E l’Italia si impoverisce?

È la logica conseguenza delle nostre azioni.

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