Frontalieri, la proposta: più smart working per ridurre il traffico

Il dibattito Ne parla la politica e il sindacato è a favore. Dal 30 giugno stop alla possibilità di andare oltre il 25%. «Così meno caos per la viabilità tra Chiasso e Lugano»

Più smart working per i frontalieri, meno traffico sulle strade ticinesi. È questa l’equazione - con ampi risvolti sull’economia e sulla viabilità del Canton Ticino - proposta da due deputate in Gran Consiglio a Bellinzona - Cristina Maderni (Plr) e Sabrina Gendotti (Ppd) - che in un’interpellanza al Governo di fatto hanno chiesto di regolarizzare al più presto il telelavoro alla voce “frontalieri”.

Per farlo occorre che «il Governo di Bellinzona intervenga al più presto su quello federale per ricercare una soluzione durevole per il telelavoro parziale dei frontalieri, sul modello di quanto ottenuto dal Consiglio di Stato di Ginevra».

La scadenza

Tutto questo ricordando che l’accordo amichevole (con annesse proroghe) raggiunto tra Italia e Svizzera prevede fino al 30 giugno che il limite del 25% (del tempo lavorativo) possa essere sforato. Bisogna fare presto, dunque.

«Concordo quasi in toto con l’iniziativa delle due parlamentari ticinesi. Il lavoro in smart working ha rappresentato una realtà molto importante durante il lockdown e, visti gli esiti positivi, potrebbe continuare a svilupparsi anche in situazioni di normalità - la riflessione di Roberto Cattaneo, segretario della Uil Frontalieri di Como -. Per farlo devono essere apportate modifiche legislative, perché sono reali i limiti n materia fiscale e previdenziale segnalati anche nell’interpellanza».

«Questi limiti, superati dall’accordo provvisorio italo-svizzero che scade il 30 giugno prossimo, sono tali da rendere in futuro impraticabile il lavoro dei frontalieri in smarti working - continua il sindacalista - In particolare, sul piano fiscale sarebbero i lavoratori a rifiutare il telelavoro, in quanto per ogni giorno lavorato da casa dovrebbero pagare le tasse all’Italia, mentre sul piano previdenziale sarebbero le imprese a negarlo e in questo in virtù del fatto che se il lavoro in smart working superasse il 25% del lavoro totale, dovrebbero pagare i contributi all’Inps anche per il lavoro effettuato in presenza in Svizzera, con un aggravio altissimo di costi».

Ci sono alcuni aspetti da chiarire anche all’interno dell’interpellanza, considerato che le due deputate hanno inserito una sorta di franchigia di 1 giorno alla settimana di lavoro in smart working come limite temporale dentro il quale il frontaliere non pagherebbe il relativo guadagno all’Italia. Un primo importante passo che secondo Cristina Maderni e Sabrina Gendotti contribuirebbe «a risolvere i problemi di traffico tra Chiasso e Lugano».

I vincoli

Secondo Roberto Cattaneo, però, «mettere una soglia di 1 giorno alla settimana di lavoro in smart working come una sorta di franchigia nella quale il frontaliere non pagherebbe il relativo guadagno all’Italia mi sembra insufficiente. Chi effettua lo smart working regolarmente - cioè non in periodi di pandemia - infatti lo esegue anche per 2 o per 3 giorni la settimana. La soglia per essere efficace dovrebbe a mio avviso riguardare il 50% del tempo di lavoro che - se lavorato da casa propria - eviterebbe al frontaliere l’onere delle tasse italiane».

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