Frontalieri, si apre uno spiraglio. Per lo smart working tetto al 40%

Diverse iniziative parlamentari puntano a riaprire la partita del telelavoro per i lavoratori frontalieri

Da qualsiasi prospettiva la si guardi, la fine del telelavoro per i frontalieri - a partire di fatto dalla mezzanotte di oggi - rappresenta un pasticcio, cui l’Italia in prima battuta e la Svizzera devono porre rimedio in tempi celeri. E la politica sembra essersi accorta di questo scivolone, sono stati depositati due ordini del giorno su questo spinoso argomento da Movimento 5 Stelle (con il senatore Bruno Marton) e Partito Democratico (con il senatore Alessandro Alfieri), se n’è aggiunto un terzo a firma Lega e Fratelli d’Italia (nel dettaglio a firma dei senatori Stefano Candiani e Andrea Pellicini) rendendo così ancor più attuale il dibattito in Senato, in calendario oggi dalle 16.30 (le sedute sono convocati sui diversi argomenti anche per domani e giovedì), per l’approvazione del nuovo accordo fiscale tra Svizzera e Italia. Accordo che poi dovrà transitare anche dalla Camera.

Il tutto mentre è spuntato anche un emendamento - che sarà inserito nella ratifica dell’accordo - relativo al “bonus” per quei lavoratori che non cederanno alle lusinghe del mercato del lavoro ticinese e svizzero, rimanendo ancorati a questo lato del confine. Argomento di cui anche il nostro giornale si è occupato a lungo, dopo il via libera a questa interessante proposta annunciato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Si parla di un “bonus” nell’ordine dei 200 euro, grazie al gettito fiscale portato in dote (dal 1° gennaio 2024) dai “nuovi” frontalieri.

Nel tardo pomeriggio di ieri, in una nota, il senatore leghista Stefano Candiani ha aggiunto un altro elemento di novità, dando conto di «un incontro, insieme al collega Andrea Pellicini, con il primo consigliere dell’ambasciata svizzera, che ha espresso l’intenzione di rinnovare l’accordo in questione. Sulla stessa linea anche gli uffici del Mef, cui è stato dato l’input politico». Dunque la volontà di trovare un’intesa c’è, ricordando che oggi il telelavoro riguarda circa un frontaliere su otto di quelli oggi occupati in Ticino, che da domani torneranno ad ingrossare le fila dei veicoli diretti oltreconfine, con inevitabili ripercussioni sul traffico e sui rapporti tra vicini (a meno di tre mesi dalle elezioni cantonali). L’ipotesi in campo sarebbe quella di adottare il “modello francese”, dove il telelavoro è consentito fino ad un massimo del 40% del tempo di lavoro annuale. Lo stesso senatore Candiani ha parlato di «dare la possibilità ai lavoratori frontalieri di svolgere almeno il 40% del lavoro da remoto».

In attesa delle mosse della politica, è Andrea Puglia, responsabile frontalieri del sindacato Ocst, a rimarcare che «in questo momento, ci troviamo di fronte a un vuoto normativo che l’Agenzia delle Entrate ha deciso di colmare con una sua interpretazione, impattante sulle dinamiche in essere», tanto che l’Ocst - a seguito di quanto comunicato dall’Agenzia delle Entrate, che ha ufficializzato come dal 1° febbraio se un frontaliere residente nei Comuni di confine farà anche solo un giorno di telelavoro diventerà tassabile in Italia su tutto il proprio reddito - ha parlato di «telelavoro come scelta sconsigliata per i frontalieri fino a quando non si arriverà ad un nuovo accordo».

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