Lombardia e Ticino
Riesplode lo scontro
sull’accordo fiscale

I parlamentari dem Braga e Alfieri attaccano Fontana sull’ipotesi di un’intesa con il Canton Ticino

Dopo quattro anni e mezzo di silenzio assoluto e tanti nulla di fatto, una lettera datata 30 aprile a firma del presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e del consigliere di Stato (e sino al 6 maggio a capo del Governo di Bellinzona) Christian Vitta riaccende d’impeto il dibattito sul nuovo accordo fiscale relativo alla tassazione dei frontalieri e, non da ultimo, alla nuova ripartizione dei ristorni a Comuni e realtà di confine.

Nelle tre pagine di missiva balza all’occhio come Regione Lombardia abbia deciso di pigiare sull’acceleratore su un tema che riguarda 73 mila frontalieri, di cui 67 mila impiegati in Ticino (60 mila dei quali lombardi) e che in dote porterà inevitabilmente all’addio del granitico accordo siglato nel lontano ’74. Ed è subito polemica, con il Pd - con il senatore Alessandro Alfieri e la deputata Chiara Braga (in calce al loro comunicato c’è la discussa lettera a doppia firma Attilio Fontana e Christian Vitta) - all’attacco frontale verso Palazzo Lombardia e l’assessore regionale Massimo Sertori a respingere le accuse al mittente. «Siamo sconcertati dal contenuto della lettera inviata da Attilio Fontana al ministero dell’Economia (così ha fatto anche Christian Vitta con Berna, ndr). La Lega tradisce Comuni e frontalieri», le parole del Partito Democratico. «Al netto delle mistificazioni del Pd, la lettera mira a mantenere invariata la situazione fiscale dei frontalieri e contiene spunti, osservazioni e raccomandazioni frutto di un lungo percorso di confronto tra le parti e di consultazione degli stakeholders del territorio», la replica di Massimo Sertori. Il nocciolo della questione sta nei numeri e nelle percentuali. Tre i punti cardine della lettera, con una sottolineatura d’obbligo. E cioè che (si legge nella missiva) il Canton Ticino ha versato nel pieno rispetto dell’accordo del ’74 la cifra di 349 milioni 620 mila 189 franchi, che al cambio attuale fanno circa 327 milioni di euro. Un “tesoretto” da capogiro. Primo punto: «Il passaggio alla piena imposizione dei frontalieri italiani deve essere progressivo e tenere conto degli ammortizzatori che permetteranno una sostenibilità del nuovo carico fiscale per le famiglie dei frontalieri». Secondo punto: l’obiettivo è arrivare «a un’applicazione immediata del nuovo accordo per i nuovi lavoratori frontalieri e ad un regime transitorio limitato nel tempo per gli attuali frontalieri». Terzo punto: «Almeno il 50% del gettito aggiuntivo generato dalla progressiva piena imposizione in Italia dei lavoratori frontalieri viene conferito a Regione Lombardia, che distribuirà tali risorse ai Comuni di frontiera».

«Fontana chiede di abrogare l’accordo del ’74 - che regola i rapporti tra i due Paesi e la fiscalità dei frontalieri - per sostituirlo con un nuovo testo che peggiora addirittura l’accordo “parafato” dalle diplomazie nel 2015», scrivono Alessandro Alfieri e Chiara Braga. «Non abbiamo altre finalità se non il bene dei frontalieri», la replica secca di Massimo Sertori. A pomeriggio inoltrato è arrivata anche la puntualizzazione del sindacato ticinese Ocst: «La lettera è stata inviata senza nemmeno informare gli enti locali e le parti sociali e le condizioni richieste dai due esecutivi sono le peggiori possibili per i lavoratori e le comunità di frontiera».

La vicenda interessa da vicino soprattutto la politica italiana. Parla di “tempistiche singolari” (riferendosi alla presa di posizione del Pd) il deputato lariano di Fratelli d’Italia, Alessio Butti: «Trovo veramente singolare che parlamentari del Pd, che sostengono il Governo Conte, si scaglino contro Regione Lombardia nel momento in cui la ministra svizzera della Giustizia Karin Keller Sutter (sostenuta dalla presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga), ribadisce il “quasi ritorno alla normalità per la Svizzera” escludendo l’Italia da ogni rapporto diplomatico e aprendo le frontiere solo con Francia, Austria e Germania». Di ben altro avviso il presidente il presidente dell’Associazione Comuni italiani di frontiera, Massimo Mastromarino: «È inopportuno compiere qualsiasi riflessione in piena emergenza epidemica». La priorità ora «è ristabilire la libera circolazione delle persone e la completa riapertura dei valichi».

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