«Pregiudizi sull’auto, così le aziende in fumo e non si salva il pianeta»

L’assessore regionale Guido Guidesi dopo il vertice a Bruxelles: «La nostra battaglia per salvare le filiere, ma non sono ottimista»

Dopo lo stop europeo alla vendita di auto benzina-diesel-gpl dal 2035 è a rischio la filiera dell’industria automobilistica. L’assessore allo sviluppo economico della Lombardia, Guido Guidesi, è rientrato da Bruxelles dove giovedì ha partecipato al Comitato europeo delle regioni.

Quali risultati avete raggiunto?

La riunione, a livello europeo, è stata tra le regioni che hanno una filiera dell’automotive importante al loro interno e un rapporto primario con il settore. Non tutti la pensiamo allo stesso modo, noi abbiamo assunto una posizione forte espressa nel “Manifesto della mobilità sostenibile” costruito con tutti gli attori del settore per raggiungere gli obiettivi ambientali tutelando le aziende, i lavoratori e sviluppando ulteriori opportunità occupazionali.

Tra le proposte abbiamo presentato anche una ipotesi di produzione di bio carburante che permette la conversione delle raffinerie in bio raffinerie e il suo utilizzo anche per le auto a motore endotermico.

Ma non sono ottimista, mi sembra ci siano posizioni ideologiche e una chiusura che non fa bene all’occupazione, alle aziende ma neanche all’ambiente. La produzione di auto elettriche non è neutrale. Il rischio è di danneggiare aziende e occupazione e di non riuscire neanche a dare un contributo ambientale che faccia la differenza.

Quindi, quale può essere la logica?

Penso che il vero obiettivo sia avere meno auto in circolazione. Perché se anche le auto venissero oggi sostituite tutte con auto elettriche non avremmo potenza elettrica sufficiente, inoltre tanti cittadini non possono e non potranno permettersele. Immaginare una drastica riduzione delle auto vuol dire pensare a realtà solo metropolitane. È una visione irrealistica per ampi territori vitali e composti da centri medi e piccoli.

A tutela delle filiere in maggio è uscita la delibera per incentivare l’innovazione: con quelle strategia?

Sul mercato internazionale abbiamo alcuni player, capofila di filiere, che vincono competizione internazionali grazie alla qualità determinata anche dalla flessibilità della filiera, dal servizio e personalizzazione che si è in grado di offrire ai clienti. Una forza che è dovuto all’insieme di fattori espresso dalle filiere.

Il bullone per la macchina tessile realizzato da un artigiano fa la differenza da un punto di vista qualitativo del prodotto.

Tutto questo sistema di filiera, intesa come legami di scambio di ordini, consegne, fatture, bonifici di aziende che lavorano insieme una per l’altra o nello stesso settore, vorremo tramutarlo in un piano strategico: abbiamo chiesto alle aziende di dirci quante sono, come lavorano, con chi e con quali obiettivi perché come Regione vorremmo metterci a disposizione in maniera snella e capire se c’è bisogno di formazione, di investimenti o di supporto all’internazionalizzazione.

Aziende medio piccole e dipendenza dall’estero: come si affrontano i punti di debolezza delle filiere lombarde?

Non dobbiamo far diventare grandi le aziende piccole, dobbiamo sperare che lo diventino, ma la qualità dei prodotti e dei servizi è espressa per il 90% dalla piccola e media impresa e non dobbiamo cambiare quel tessuto perché ci omologheremmo agli altri competitor e non so se questo ci aiuterebbe a fare la differenza in modo positivo.

Piuttosto dobbiamo cercare di far andare alla stessa velocità del capofila tutta la supply chain, per fare questo ci vuole una strategia di squadra dove la Regione può fare la sua parte.

Per le materie prime continueremo a dipendere dall’estero, ma si sta lavorando da tempo su progettualità, che Regione sostiene, di economia circolare e riutilizzo di prodotti o altre soluzioni.

La plastica per esempio avrà sempre più cicli di riutilizzo, ma sono tantissimi i prodotti che si avvalgono parzialmente di processi di riciclo e riutilizzo.

Il processo è simile a quello avviato per l’energia: quanto più riusciamo a produrre al nostro interno, tanto meno dipendiamo da altri.

In questo sono convinto che il sistema delle filiere aiuterà.

Perché?

Gli attori di una filiera sono in grado insieme di riutilizzare o gli scarti produttivi o i materiali già in commercio per fare in modo che possano diventare a loro volta materia prima per i loro cicli produttivi e su questo il nostro sistema produttivo è molto avanti.

Per esempio la decisione di limitare l’esportazione di rottame italiano ci consente di avere quello che per le fonderie diventa materia prima.

Questo forse ha contribuito in parte a una mitigazione dei prezzi dei materiali, che però ancora incidono molto sul manifatturiero, quali sono le previsioni?

Gran parte dell’aumento dei singoli prodotti deriva dall’inflazione dovuta per il 75% dall’aumento dell’energia e in questo meccanismo c’è tanta speculazione finanziaria. Questo è il tema più importante: non possiamo pensare di pianificare il futuro del manifatturiero permettendo alla finanza di influenzare le materie prime.

Chiusi i bilanci del 2021, le imprese in parte hanno retto la crisi, grazie anche ai ristori e ai crediti ricevuti; a fronte di una certa liquidità, stanno investendo per crescere?

Sì, sempre. Parte della liquidità delle aziende è a prestito e morata ed è su quella parte che bisogna allungare il percorso di ammortamento dei prestiti. Il tema del credito è fondamentale: i nuovi parametri prevedono che difficilmente ci sarà ancora una elevata disponibilità creditizia. Le nostre proposte sono sul tavolo del Governo.

Come Regione abbiamo messo a terra tutte le risorse a disposizione e le aziende hanno investito guardando al futuro. M. Gis.

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