Umberto Colombo (Cgil): «Anche a Como emergenza salari e lavoro. Nella manovra del governo non dà risposte»

Il segretario della Cgil Umberto Colombo sulla legge di bilancio e le possibili ricadute nel territorio comasco

Lo sciopero contro la manovra del governo e l’udienza da papa Francesco. Due passaggi chiave nell’agenda della Cgil che a Como, in parallelo, ha appena terminato la maratona delle assemblee congressuali. Il tutto in una fase che il segretario Umberto Colombo non esita a definire “drammatica”, oggi sul fronte salariale e in prospettiva con la possibilità che ci siano ricadute sui livelli occupazionali.

Siamo davvero in presenza di una situazione così grave anche in provincia di Como?

Ci troviamo in una situazione di emergenza, il rincaro dei prezzi e in particolare delle tariffe energetiche ha eroso il potere di acquisto di salari e pensioni creando, anche in una provincia ricca qual è la nostra, situazioni di disagio sociale. Non solo, siamo molto preoccupati per le difficoltà che stanno attraversando le imprese del nostro territorio. L’aumento vertiginoso dei costi e la contestuale riduzione dei margini, potrebbe avere alla lunga ricadute sui livelli occupazionali. A fronte di scenari del genere ci saremmo aspettati di trovare nella manovra interventi di carattere straordinario, non dissimili da quelli che ci hanno consentito di superare la fase più drammatica della pandemia. E invece…

Invece il governo va nella direzione opposta?

La manovra è regressiva e pericolosa: non si rivalutano salari e pensioni (il nostro obiettivo era quello di arrivare a una mensilità in più con una decontribuzione decisamente superiore a quella prevista dal governo); sul fisco si va in direzione opposta all’equità; si tagliano sanità, scuola, trasporto locale; si riduce la spesa per le pensioni di 3,5 miliardi con un danno all’indicizzazione, non si cambia la legge Fornero e non si gettano i presupposti affinché i giovani possano nel tempo costruirsi un percorso previdenziale concreto e credibile. In sintesi una manovra che ipoteca il futuro in una direzione opposta a quella auspicata dalle organizzazioni sindacali.

I dati indicano che, perlomeno ora, c’è una tenuta dell’occupazione…

Sono preoccupato e c’è del resto, non da ora, aperto il tema della qualità delle condizioni di lavoro. È oggettivo che la grande parte delle nuove assunzioni (circa l’80%), negli ultimi anni, è stato fatto con contratti a tempo determinato, spesso si tratta di posti sottoretribuiti, talvolta svolti nella forma di un lavoro autonomo obbligato. Una tale precarizzazione di certo non va nella direzione per la quale ci battiamo che è quella di un modello di sviluppo in cui al centro ci sono le persone e un lavoro dignitoso. Anche su questo la manovra non contiene le risposte che ci auguravamo di trovare, la reintroduzione dei voucher determinerà solo un ulteriore peggioramento della situazione. Su questo tema vogliamo lanciare un messaggio anche alle imprese affinché comprendano che non potranno trarre grandi risultati in assenza di una strategia di valorizzazione delle risorse umane e seguendo una strategia focalizzata unicamente sull’abbassamento del costo del lavoro.

Tra i temi al centro del dibattito sulla manovra c’è la riforma del reddito di cittadinanza. Qual è la posizione della Cgil a questo proposito?

È inaccettabile cancellare uno strumento di questo genere a fronte di un Paese in cui sta aumentando la povertà. Se c’è stato qualche abuso, lo si persegua, ma non è accettabile utilizzare questo argomento come motivazione per abrogare la misura che è stata una preziosa àncora di salvezza per tanti nuclei familiari e che certo non ha incentivato le persone a stare sul divano così come qualcuno ancora si ostina a sostenere.

Era opportuna la scelta dello sciopero? E quanto ha pagato?

Lo sciopero è stata l’inevitabile conseguenza di fronte a scelte del governo che riteniamo profondamente sbagliate. Sul fisco, innanzi tutto. Con il 95% dell’Irpef pagato da lavoratori dipendenti e pensionati, non solo non si dà vita alla riforma necessaria per alleggerire il peso sui dipendenti e far crescere i loro salari, ma si va in senso contrario con la flat tax che diminuisce la progressività dell’imposizione e crea nuove disparità.

Un lavoro meno precario è, voi dite, anche un lavoro più sicuro. Per quale ragione?

Precarizzazione dei contratti e frantumazione dei diritti dei lavoratori sono il contesto meno favorevole alla sicurezza. In Italia si continua a morire di lavoro. Nel Comasco è fresco il ricordo dei due lavoratori morti asfissiati in una baracca di cantiere e bene ha fatto il prefetto ad avviare una serie di controlli focalizzati sul settore delle costruzioni il cui esito ha messo in evidenza quanto ancora c’è da fare su questo terreno.

La prima volta della Cgil in udienza dal Papa, cosa ha rappresentato per il sindacato?

La nostra è un’organizzazione laica, ci accomuna a papa Francesco la visione su pace, persona, dignità del lavoro. Sulla guerra, inoltre, la nostra posizione non è mai cambiata, in ogni occasione abbiamo sottolineato la necessità di avviare una fase negoziale con un immediato cessate il fuoco.

Flat Tax

«La flat tax al 15% fino a 85mila euro dà ai lavoratori autonomi vantaggi incomparabilmente più elevati ed in generale rafforza una diseguaglianza fiscale tra lavoro autonomo e lavoro dipendente» dice la Cgil. Quest’ultima ha calcolato che «fino al 2022 un autonomo con 85.000 euro di ricavi pagava la stessa Irpef di un omologo dipendente, ovvero circa 18.800 euro più le addizionali regionali e comunali», invece dal 2023 «pagherà un’Irpef pari a 7.361 euro, ovvero oltre 11.400 euro in meno, rispetto all’anno precedente e rispetto ad un dipendente».

Cuneo fiscale

Con il taglio del cuneo fiscale, che la manovra conferma al 2% per i lavoratori con retribuzione fino a 35mila euro lordi all’anno e incrementa di un punto percentuale fino ai 25mila euro, «i vantaggi in busta paga saranno molto scarsi e certamente insufficienti a contrastare il caro vita» sostiene la Cgil. Chi ha una retribuzione annua lorda di 10mila euro - stima il sindacato - riceverà nel 2023 un beneficio mensile netto di 23,08 euro, solo 7,69 euro in più rispetto al 2022; chi arriva ai 25 mila euro lordi annui otterrà un beneficio mensile netto di 41,74 euro, ovvero 13,91 euro in più al mese rispetto a quest’anno.

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