Un negozio su due in provincia cerca personale. Ma non lo trova

Commercio Terziario, il 58% delle imprese offre lavoro. Decine gli annunci affissi sulle vetrine del centro città. Eppure non si riesce ad assumere. I nodi: stipendi e orari

Il lavoro c’è, gli occupati salgono del 3% in un anno (Istat), i consumi tengono nonostante l’inflazione, il 58% delle imprese del terziario, dati Confcommercio Milano e Brianza, vuole assumere, in particolare nel ramo dell’accoglienza (86%), della ristorazione (76%) e dei servizi (71%). Ma nell’81% dei casi ha forti difficoltà a trovare candidati. A Como una vetrina su due riporta un cartello di ricerca personale, a prova di quanto sia difficile trovare figure adatte. Da una parte c’è il problema della retribuzione bassa: ci sono annunci dove la proposta è per uno “stage” e il tirocinio formativo parte dai 400 euro al mese. Dall’altra è vero anche che la disponibilità al lavoro al sabato, domenica e serale è rarissima.

La mancanza di personale mina la possibilità di rispondere alle richieste del mercato e anche attività che potrebbero crescere ed espandersi non possono farlo perché non c’è un numero di persone sufficienti per sostenere la produzione o i servizi.

È il caso della storica pasticceria Vago a Como, in viale Giulio Cesare 14, il titolare, Fabio Vago, ricerca persone sia per il laboratorio che per la sala e lo fa, da sempre, anche attraverso le pagine di annunci di questo giornale. «Tempo fa, pubblicato l’annuncio, dopo mezza giornata non si riusciva più neanche seguire le telefonate per le candidature, adesso la situazione si è capovolta – spiega – già prima della pandemia si faceva fatica a trovare personale ma adesso nessuno più vuole fare questo lavoro, in particolare i giovani non sono disponibili a lavorare il sabato e la domenica». Togliamo dal campo ogni fraintendimento: la proposta qui è, al primo ingresso, di 1300 euro netti per sei ore su sei giorni. Le aperture includono il weekend, ma quel giorno lo si recupera in settimana.

Un altro discorso sono gli esercizi commerciali e i bar che pagano gli apprendisti 5 euro e 80 centesimi all’ora: cifre legittime, ma al limite minimo consentito e valori troppo bassi per gratificare i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Valori che svalutano una intera categoria professionale. Nei negozi le difficoltà nel reperire personale sono meno acute, osserva Elena Gervasoni, titolare La Borsetta di Como e membro di Giunta e Consiglio di Confcommercio Como, probabilmente proprio per una questione di orario che richiede, non lavorando alla sera, meno sacrifici. «Ma il tema del personale da qualche anno rappresenta anche per noi una priorità per la necessità di allargarci a professionalità nuove che richiedono un cambio culturale – aggiunge Marco Cassina, Federmoda Como – a questo si aggiunge il tema salari. Non solo i salari in Italia sono oggettivamente bassi, ma l’essere una zona di confine rende impossibile competere con il mercato del lavoro svizzero. È necessario intervenire con una zona a fiscalità speciale che alleggerisca le tasse sui nostri stipendi».

Il rischio è non solo svuotare le potenzialità delle aziende del commercio e dei servizi che possono crescere, ma anche pregiudicare il loro futuro. Non è del tutto chiaro casa manchi davvero perché i giovani si sentano ingaggiati a una presa di responsabilità rispetto al lavoro, quando le possibilità di formazione, crescita e giusto guadagno sono certe. «Manca, credo, il senso di dignità e di identità che dà il lavoro – osserva con preoccupazione Fabio Vago – la passione e il senso di orgoglio che c’è nel vivere del proprio lavoro». Valori che la generazione che ci ha preceduto ha lasciato e che questa non sempre ha saputo trasmettere alla successiva.

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