Dall'Unione giunge soprattutto l'invito a ridimensionare il ruolo dello Stato, e questo non perché la Commissione manifesti tendenze liberiste (non è così), ma solo perché tutti si rendono conto che l'Europa è nel pieno di una crisi economica che ha la propria origine nei debiti di Stato. E in una situazione che è nel suo complesso assai difficile, l'Italia è l'anello più debole, in ragione delle dimensioni dell'economia e del valore in termini assoluti della propria esposizione debitoria. Come è stato letto, però, il messaggio giunto da Bruxelles? In linea di massima in quelle parole si è voluto soprattutto riconoscere l'invito a non ridurre le imposte.
E questo è un errore, perché quell'invito - che pure c'è - è figlio di una situazione, quella italiana, in cui c'è chi vorrebbe eliminare le tasse a soli fini elettorali, senza aggredire il deficit e senza preoccuparsi di un debito complessivo ormai giunto al 120% del Pil.
Il senso della lezione è semmai che sarebbe assurdo ridimensionare la pressione fiscale senza aggredire con coraggio le uscite delle troppe amministrazioni statali.
Una classe politica coraggiosa e responsabile potrebbe al tempo stesso abbassare il debito e limitare la pressione fiscale, ma per farlo dovrebbe togliersi dalla testa l'idea di sprecare soldi con progetti irresponsabili come la Banca del Sud o con il trasferimento a Milano di un paio di ministeri, e soprattutto dovrebbe lanciare una seria mobilitazione sul tema dei conti in ordine.
Qui si tratta di privatizzare le aziende pubbliche e di chiudere, molto semplicemente, quelle strutture (spesso assai costose) che sono del tutto inutili: dalle province al Cnel.
A Bruxelles sono in molti a sapere che l'Italia avrebbe bisogno, al tempo stesso, di limitare il debito e ridurre la pressione fiscale su imprese e lavoratori, ma è forte anche la consapevolezza che, con questi politici, è già tanto sperare che il deficit venga tenuto sotto controllo.
Sarebbe straordinario ottenere entrambi i risultati, ma è già quasi un sogno portare a casa uno dei due obiettivi.
Il vero disastro è che manca il senso della gravità della situazione. Nonostante lo sconquasso sociale della Grecia e i seri problemi di altri Paesi (dall'Irlanda al Portogallo), molti continuano a far finta di nulla e non c'è in circolazione chi abbia l'autorevolezza per chiedere "lacrime e sangue". Bisogna anche aggiungere che le due aree politiche maggiori sono espressione di populismi egualmente nefasti.
Il risultato è che continuiamo a buttare il denaro sottratto alle imprese produttive in iniziative scellerate: dal finanziamento del fotovoltaico al salvataggio delle imprese decotte.
È insomma urgente un nuovo rigore, ma non si vede all'orizzonte chi possa farsene interprete.
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