Finalmente Como torna con i forti

Como è tra i forti. E la dice lunga il fatto che l'ultima volta che questa espressione fu usata si era al tempo del Barbarossa. Pazienza se i forti sono i poteri che, stando ai detrattori della prima ora, caratterizzano il governo di Mario Monti. E pazienza se il ministro, anzi superministro comasco, Corrado Passera, sembra essere lì apposta a dargli ragione visto che entra nella porta del dicastero subito dopo essere uscito da quella di Intesa-San Paolo.
È il risultato quello che conta. E stavolta, dopo anni di vacche magre, il piatto per il territorio è ricco. Ci sono stati altri ministri di vaglia da Mario Martinelli, a Lorenzo Spallino a Virginio Bertinelli, fino al più recente Lucio Stanca. Nessuno di loro però aveva ricevuto deleghe e competenze così pesanti. Passera ne ha più di Giulio Tremonti che pure non scherzava. Allo Sviluppo Economico somma le Infrastrutture con annessi e connessi.
Di fatto è il numero due dopo il premier. Non gli mancherà certo il lavoro. C'è da sperare che trovi il tempo anche di buttare un occhio ogni tanto sulla sua città, quella in cui ha ancora interessi e affetti. D'accordo, lasciamo che si renda conto dov'è capitato. Poi le emergenze sono altre. E più importanti della nostra città. Per Como, però, solo l'idea di avere un ministro di questo calibro è una boccata d'ossigeno. La nostra è una città depressa. Non tanto e non solo per colpa di quegli eterni brontoloni dei suoi abitanti. Ma soprattutto per il ceto politico che esprime.
Per anni poi ci hanno sbattuto in faccia ministri varesini e lecchesi, un presidente di Regione lecchese sia pure (almeno nelle intenzioni) assessore comasco.
A noi solo le briciole. Da quanto tempo non ci prendiamo la soddisfazione di guardare dall'alto i cugini dell'altro ramo del lago (di Como, meglio precisarlo) non solo nel calcio? Anni di Castelli, Brambilla, Bossi e Maroni che spuntavano da ogni salotto televisivo. Il bello poi è come è arrivata la nomina di Passera. Fino a poche ore prima che Monti uscisse dallo studio di Napolitano con la lista sottobraccio, in pole per lo Sviluppo Economico c'era (indovinate?), un lecchese: il professor Carlo Secchi. La nomina dell'ex consigliere delegato di Intesa-San Paolo, insomma, è stato un derby vittorioso.
Godiamoci il momento. E speriamo magari che avere un ministro alle Infrastrutture comasco ci consenta di non dover sempre bussare alla Regione con il cappello in mano per poter sperare nel secondo lotto della tangenziale. O che le nostre imprese abbiano finalmente un rapporto più solido e concreto di adesso con la politica romana. Addirittura che possa contribuire a risolvere quel pasticciaccio brutto del cantiere delle paratie che, peraltro, sta proprio davanti al suo albergo. Un conflitto di interesse assolutamente perdonabile.
Se questo è davvero un governo di svolta per l'Italia, potrebbe esserlo anche per Como. Facendo tutti gli scongiuri del caso. Perché quello guidato da Mario Monti è anche un esecutivo dai mille paradossi. Dove c'è la sinistra che sostiene un ministro banchiere, o il Pdl costretto a votare la fiducia alla nutrita pattuglia di prodiani voluti accanto a sé dall'ex rettore della Bocconi. Sarà mica che un superministro comasco come mai era successo nella storia della Repubblica e non solo sarà un altro effimero paradosso? Perché anche con il Barbarossa si sa com'è andata a finire.

Francesco Angelini

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