Il sentiero stretto del professore

Il sentiero che Mario Monti si accinge a percorrere è stretto e insidioso, ma punta lontano. Lo si è visto ieri dal discorso programmatico che il nuovo presidente del Consiglio ha pronunciato al Senato, in occasione del voto di fiducia, che ha sorpreso quanti si attendevano uno smilzo elenco di punti irrinunciabili da realizzare rapidamente per allontanare l'Italia dal ciglio del burrone e hanno ascoltato invece un'ampia illustrazione di ciò che si intende fare praticamente in tutti i campi della vita nazionale.
Un programma che apparirebbe ambizioso anche per un governo di legislatura, ma che per un esecutivo destinato al massimo, a quanto si può capire oggi, a poco più di un anno e mezzo di vita è difficile definire realistico. Visto anche che esso nasce su un accordo imposto dall'emergenza, che più precario non potrebbe essere, come ha confermato anche ieri Berlusconi, ripetendo che l'esecutivo starà in piedi "fino a che lo vorrà il PdL". Monti, tuttavia, benché abbia astutamente dichiarato che il suo governo nasce per "riconciliare i cittadini con la politica e le istituzioni", non ha posto alla sua azione limiti preventivi, contando evidentemente sul fatto che, se la sua operazione di traghettamento del Paese fuori dall'emergenza non dovesse riuscire, le cose andrebbero peggio per tutti. E molto peggio, evidentemente, per chi si fosse assunto la responsabilità di un così disastroso fallimento.
Con questo jolly nella manica - il solo, ma da non sottovalutare - Monti ha serenamente messo in tavola un programma che, se fosse interamente realizzato nei prossimi mesi, gli garantirebbe una statua in ogni piazza, anche se il risultato fosse non quello di risolvere tutti i problemi, ma quantomeno di "impostare gli strumenti" per farlo. Abbandonato il ruolo di "anello debole", l'Italia dovrebbe riprendere "a pieno titolo" la costruzione del progetto europeo, fondando la sua azione su tre pilastri: il rigore di bilancio, la crescita e l'equità.
Come riuscirci? Con il vincolo del bilancio in pareggio, l'attuazione e l'integrazione della manovra varata in estate, la riforma del sistema fiscale che sposti il peso delle tasse dal lavoro ai consumi e ai patrimoni, l'abbattimento dei costi della politica e delle istituzioni, la riorganizzazione della spesa, l'abolizione delle disparità e dei privilegi del sistema pensionistico, la lotta all'evasione destinata anche alla riduzione delle aliquote, la revisione di quell'"anomalia" italiana che è l'esclusione dell'applicazione dell'Ici alla prima casa, l'attuazione di un ampio programma di dismissioni del patrimonio pubblico, la riforma del mercato del lavoro, la promozione dell'occupazione di giovani e donne, l'attenzione agli anziani.
E ancora, occorrerà legare le infrastrutture allo sviluppo economico (compito del comasco Passera), abbattere resistenze e chiusure corporative favorendo la concorrenza, rilanciare la lotta a criminalità e mafia, accelerare la giustizia civile, e altro ancora.
Non avrà il tempo d'annoiarsi la squadra dei professori di palazzo Chigi, perché ognuno di questi impegni - la cui necessità gli italiani conoscono da tempo, senza peraltro averne mai visto attuato neanche uno - farà scendere sul sentiero di guerra una delle forze politiche indispensabili alla sopravvivenza del governo. Basterà il "senso dello Stato" invocato da Monti a impedire, per una volta, che l'interesse di parte oscuri quello nazionale?

Antonio Marino

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