Como: i problemi
non vengono di notte

Non vorremmo che, involontariamente, tutto questo agitare d'ali attorno alla cosiddetta movida - già a chiamarla così suona esagerato - non rischi di farci fare la fine delle allodole, di fronte al famigerato specchietto. Ammettiamolo: talvolta ci appassiona così tanto un tema specifico da darci l'illusione che quello sia "il" problema per eccellenza. Salvo poi accorgersi che così non è. Lungi dall'idea di archiviare con sufficienza il tema della non facile convivenza tra il diritto al riposo dei residenti del centro da un lato, e quello degli avventori dei locali e degli esercenti dei bar a non essere costretti a un forzoso coprifuoco dall'altro; però è chiaro che il capitolo in questione sta ormai diventando eccessivamente verboso. E, soprattutto, rischia di distrarre attenzioni ed energie da temi ben più seri per una città che ha sempre meno motivi per brindare. Indipendentemente dall'ora in cui lo fa. I commenti o le riflessioni pubblicati su queste colonne sono spesso frutto di un confronto che non si limita al solitario pensiero dell'estensore. Nascono sovente da sensazioni condivise, come quella che segue: può un Comune incapace di gestire un problema come quello del rapporto residenti-bar essere in grado di trovare una via d'uscita dalle mille paludi che minacciano il futuro di Como? Il quesito ha un sapore pleonastico: Ticosa, paratie, aslfaltature, campus universitario, cittadella dello sport sono risposte fin troppo esaustive. L'elenco dei problemi della città è lungo e va oltre ai temi qui sopra elencati, ma comprende anche il nodo traffico (ieri, girare per Como era un autentico delirio), il problema trasporti (inadeguati a fornire una valida alternativa all'uso dell'auto privata), una crisi economica che da un lato aumenta l'esercito dei poveri e dall'altro indebolisce il tessuto produttivo di capoluogo e dintorni. Eppure "il" tema, soprattutto nella convalle, sembra essere la movida.
Sarebbe bello suggerire alle parti in causa (residenti ed esercenti) di cercare autonomamente una soluzione, senza disturbare un'amministrazione che evidentemente non è stata in grado di indicare una via d'uscita credibile. Su questo fronte, peraltro, sembrano giungere buone nuove: da ambo le parti è stato espresso il desiderio di un reciproco incontro per discutere le regole per una sana convivenza, che dovrebbero tra l'altro essere l'abc di qualunque rapporto umano. Eppure alleggerire eccessivamente di responsabilità chi dovrebbe avere il compito di amministrare una città a 360 gradi, sarebbe un regalo immeritato. Perché se è vero che è un dovere anche dei privati vigilare sul rispetto delle regole (denunciando in tempo reale episodi di vandalismo o di teppismo registrati a margine della cosiddetta movida), è però compito imprescindibile della pubblica amministrazione intervenire prontamente quando quelle regole vengono disattese.
Restano pochi mesi a questa maggioranza per non lasciare un indelebile ricordo di disfatta tra i comaschi. Il Comune ha due possibilità: impugnare la sentenza contro l'ordinanza di chiusura dei bar e avviare un'interminabile battaglia legale, o tentare di risolvere in modo intelligente almeno la questione movida. Poi, per favore, pensiamo ai problemi veri di una città che ha bisogno di una guida che non si perda in un bicchier d'acqua. Pardon, di Negroni.
Paolo Moretti

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