Se il feticcio griffato
scatena un delirio

  l bivacco "firmato" ha inizio di primissiima mattina, all'ora in cui in un sabato di novembre, a Como, sono svegli soltanto gli edicolanti e i netturbini, qualche barista insonne carica già la macchina dell'espresso, ma davanti al Coin mucchietti di ragazzi infreddoliti, bigiatori consapevoli, lottano per la pole position dell'ingresso, alla caccia disperata di un numero che porti loro in borsa l'oggetto del desiderio.
Nemmeno tanto oscuro, visto che da giorni il tam tam batte nei loro cervelli il nome Napapijri, una specie di scioglilingua finlandese che ha a che fare con il Polo Nord, ma nella realtà rappresenta una multinazionale americana dell'abbigliamento fighetto.
Un marchio che fattura ogni anno cento milioni di euro soltanto in Europa, può ben permettersi di dichiararsi ambientalista e svendere uno dei suoi prodotti "di culto" a un prezzo che una volta si diceva "politico", dieci euro e buonanotte alla crisi.
Come diceva Petrolini, «l'affare si ingrossa», e alle sette e mezzo la folla è transennata e si accalca contro le porte vetrate d'ingresso, carabinieri e polizia sorvegliano, manco fossimo alla Scala ai tempi di Mario Capanna, con le uova marce sulle pellicce e gli accidenti ai poveri loggionisti, là a "barbellare" dalle prime luci e forse anche dal giorno prima per mendicare un posto in "piccionaia".
La lezione di latino o di matematica è facilmente barattata con l'idea di un piumino da temperature artiche - non ancora con il piumino stesso, finora soltanto visto nel catalogo della casa - perché, come è noto, ogni giorno partiamo per esplorazioni sul pack come sicuramente necessitiamo di automobili grandi come carrarmati per attraversare centri storici costruiti per far circolare al massimo qualche carretto a mano. Un veloce sondaggio mostra percentuali bulgare sull'ignoranza del perché il giubbotto che avrebbe fatto invidia a Umberto Nobile (l'avesse avuto nella Tenda Rossa, poveraccio!) viene pressoché regalato e non invece venduto a duecento e fischia euro come regole di mercato comandano.  Se i fondi ricavati servano a trafficare armi in Angola, droga nel cartello di Medellin, oppure alla ricerca sul cancro o a salvare il rinoceronte nero, a nessuno importa, ciò che conta è imprimersi al limitar dell'omero la bandiera norvegese, e per questo si è disposti a rompere il cordone di sicurezza e a sfondare, distruggendo il sistema antitaccheggio dell'ingresso e ribaltando "balocchi e profumi" con annesse vetrinette. Come in ogni ressa al botteghino, nel gruppo ci sono i guastatori, nella fattispecie giovanotti marocchini pronti a far man bassa di piumini probabilmente per poi rivenderli e far girare così la nostra economia.
Spingono come ossessi, qualcuno alza la voce e accenna una lite, ma i numeri sono distribuiti e i "fortunati" assaltano questo moderno "Forno delle Grucce" non per una pagnotta di grano duro ma per impossessarsi di un feticcio marchiato da una bandiera nemmeno italiana, di tendenza quanto il famoso "moncler" dei paninari anni '80 e a un prezzo da emporio cinese.
Distrutto il forno, nei "Promessi sposi" la folla assalta la casa del vicario di provvigione, accusato di affamarla. Il signor Coin è avvertito, la prossima volta prepari gli agenti antisommossa.
Mario Chiodetti

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